conoscere cuba nella sua realtà
Cubareale - Niki
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Niki - La Habana 2004
(scrittore)
Viaggio nei segreti dell'Avana
C'è un piano di tutela della città vecchia, ma oltre le mura è il collasso.
Tornato in Europa dopo una settimana all'Avana, il turista caricaturale, soddisfatto della sua esperienza, racconta a un amico: «Ho bevuto un mojito, sono stato in spiaggia, mi sono messo una maglietta con l'immagine del Che, ho fumato tabacco, ho ballato la salsa, ho camminato per le strade dell'Avana vecchia, ho fatto l'amore con una mulatta, ho fotografato Plaza de la Revolución e ho comprato pezzi d'artigianato... Ahhhh, sono stato a Cuba». Se poi il visitatore è anche un fotografo professionista, sicuramente tornerà con l'idea di cercare un editore a cui proporre la pubblicazione di un libro fotografico sull'Avana, avendo ripreso non solo l'architettura selvaggia di Plaza de la Revolución, ma anche portato a casa decine di scatti di una città piena di rovine, di gente sudata dentro autobus stracolmi, di mulatte che esibiscono denti bianchissimi e di uomini impegnati a mettere in moto una vecchia auto nordamericana degli anni '40 o '50 del secolo scorso.
Come poche altre città al mondo, l'Avana viene solitamente vista — e vede se stessa — attraverso la lente dei suoi stereotipi: la rivoluzione, la povertà, l'allegria o la fatica del suo popolo, i suoi edifici pericolanti, il suo Malecón, il lungomare (amabile o aggressivo), i suoi bambini in uniforme e contenti di andare a scuola, a seconda degli interessi di chi sceglierà un luogo comune piuttosto che un altro, quasi sempre in base a pregiudizi stabiliti. L'esercizio di «conoscere» l'Avana si pratica con una leggerezza e un impeto che difficilmente altre capitali riuscirebbero ad eguagliare e, tuttavia, molte volte ciò che ha di essenziale rimane inaccessibile ai luoghi comuni e alla propaganda, di qualunque segno politico. Se questo persistente sguardo pieno di pregiudizi sull'Avana è così evidente e significativo, è perché solo in rare occasioni il destino fisico di una città (non di un edificio emblematico, né di un settore con valori storici o architettonici, ma quello di un'intera città) ha preoccupato tanto gli esseri umani che la abitano e, in particolare, quelli che se ne occupano e la amano, come succede oggi nel caso dell'Avana. Non è casuale che oggi si stia sviluppando a Cuba un dibattito (per alcuni troppo a lungo rimandato) sui cambiamenti degli ultimi cinquant'anni dovuti all'urbanesimo, all'architettura e all'edilizia, e che il presente e il futuro dell'Avana siano proprio tra i punti di riflessione più critici e polemici.
Dentro e fuori l'isola è stata riconosciuta l'opera di conservazione e di riscatto del patrimonio storico architettonico più importante della città, concentrato nella «Avana vecchia». Quest'opera, intrapresa con particolare forza a partire dagli anni '90 del secolo scorso, è stata presentata come un richiamo inderogabile per uno spazio urbano il cui deterioramento non permetteva altre dilazioni. Condotto dall'Ufficio Storiografico della Città, questo progetto di enorme complessità architettonica e sociale — per il quale non sono mancati i detrattori — è riuscito a frenare il deterioramento fisico del centro storico, donando una nuova immagine alla città vecchia. Tuttavia, oltre i limiti delle mura che circondano la città antica, né gli investimenti, né l'entusiasmo, né le opere sono mai state le stesse, e gli anni dello spreco sono costati cari ai vecchi e nuovi quartieri proletari della città, fino a far precipitare alcuni di essi sull'orlo del collasso fisico, accompagnato da un evidente declino morale. Per gli urbanisti e gli architetti cubani i rischi che insidiano l'Avana del futuro sono molteplici e devastanti, se non verrà intrapresa un'azione drastica sin da ora. Se è vero che la città, per circostanze politiche molto precise, è uscita indenne dalla crescita urbana sproporzionata e spesso mal pianificata che ha invaso le città latinoamericane negli anni '60, ed è riuscita a preservare la sua fisionomia dagli orrori delle moderne costruzioni, di autostrade e grattacieli sorvegliati tutto intorno dalle baraccopoli, anche la mancanza di soluzioni parallele e, soprattutto, efficaci per la conservazione e la crescita dell'Avana, è ugualmente evidente.
La creazione della nuova «città socialista» all'interno di spazi nei quali sono stati ammassati centinaia di edifici multifamiliari, senza rispetto per l'estetica e neanche per l'urbanesimo, puntava a rispondere negli anni '70 e '80 alla forte domanda abitativa, un problema che non è mai stato risolto. L'Avana, oggi, è fisicamente e umanamente una città intrappolata tra il suo passato e un futuro incerto. Dietro le sue facciate, le strade e dentro i suoi stessi abitanti si svolge un dramma primario e quotidiano che sfugge alle retoriche e alla logica del turismo o del pregiudizio. L'Avana è un dolore, per noi che la amiamo, la viviamo e ne abbiamo bisogno, poiché l'Avana è anche ciascuno degli abitanti dell'Avana. Nel frattempo, la città porta sempre più i segni della scarsa attenzione che le viene riservata. Lo stato deplorevole di strade e palazzi necessita oggi di grandi investimenti che il Paese non sembra in condizione di poter sostenere. Nel frattempo, migliaia di famiglie soffrono di una convivenza promiscua e gli esperti, dal canto loro, hanno il legittimo timore di un futuro in cui soluzioni disperate rischieranno di distruggere la fisionomia della città.
Leonardo Padura Fuentes
(traduzione di Francesca Buffo)
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