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Cubareale - Niki

E-mail: seriomario@hotmail.com

La Habana

            Come spiegare il mio amore per L'Avana

 


La prima sensazione arrivando senza il pesante scafandro del turista, che tutto addolcisce e tiene a debita distanza è la paura.
La paura di una città maestosa e misteriosa dove l'affollamento si divide tra la staticità più immobile e l'affannoso rincorrersi.
La confusione di un idioma sconosciuto
La diffidenza che porta ad aver paura della gente che ti guarda fisso e ti fotografa con gli occhi e a grande distanza già scopre la tua provenienza senza arrivare a vedere i tuoi tratti somatici, solo attraverso il deambulare o la postura.
Superato questo terribile primo impatto che quasi ti costringe a tornare nei giardini recintati proprio a te dedicati, ti fai un pò avanti, ti fai un pò audace.
Personalmente, per scoprire una nuova città preferisco partire dal basso, dai locali più infimi, dai posti meno raccomandabili, dalle stradine più oscure.
E poi d'incanto, il ragazzo di colore dalle fattezze del lottatore greco e dalla faccia segnata dal macete ti propone lo scambio del braccialetto di plastica del medesimo colore chiedendoti il significato delle parole incise sul tuo, dal tavolo di un uomo dal grande sigaro e dall'aspetto del boss malavitoso annoiato arriva un bicchierino di rum, forse a premiare l'audacia dello straniero arrivato fin lì.
Ed appena fuori un'altro ti avverte del tuo marsupio aperto e ti raccomanda di starci attento.
(sono stato derubato anch'io perchè chi sopravvive rubando non ha nazione e non guarda l'altrui nazionalità)
Ed ancora camminando un altro quasi ti salva dal precipitare in una classica buca del marciapiede...
Fino ad arrivare ad aiutare una vecchina che ti chiede una mano per attraversare una trafficatissima strada e dopo aver compreso con difficoltà la richiesta, prenderla per mano e fermando le auto portarla sull'altro lato della strada ricevendo il bacio più dolce del mondo.
Per finire a camminare finalmente sciolto in quel fiume umano, a dribblare buche sui marciapiedi, a farti ustionare l'anima reggendo gli sguardi delle donne anche anziane, a vivere l'angoscia e la speranza, l'insoddisfazione e la sommessa ribellione, la noia e l'allegria, il caldo e le tempeste quasi fossi anche tu un cittadino.
E ti trovi il tuo santo personale, il tuo orixa, a cui offri le cose che ti piacciono di più, qualche sigaretta una lattina di birra, e che spolveri la mattina prima di uscire per strada.
E ti dicono che i tuoi nonni vivevano pressappoco così nel tuo pese, ma io lo posso vedere solo qui, seduto su questa piazza, con alle spalle l'enorme statua di ferro di Don Chisciotte e del suo fido Ronzinante, fumando Popular, e a volte, offrendo Bucanero allo sconosciuto passante.

E soprattutto ti accorgi che la parte più bella di te la lasci sempre lì, dall'altra parte dell'enorme mare....

 

Niki - La Habana 2004

 

 

La Habana

di Leonardo Padura Fuentes

(scrittore)

Non solo Revolución e sesso

Viaggio nei segreti dell'Avana

 

C'è un piano di tutela della città vecchia, ma oltre le mura è il collasso.

Tornato in Europa dopo una settimana all'Avana, il turista caricaturale, soddisfatto della sua esperienza, racconta a un amico: «Ho bevuto un mojito, sono stato in spiaggia, mi sono messo una maglietta con l'immagine del Che, ho fumato tabacco, ho ballato la salsa, ho camminato per le strade dell'Avana vecchia, ho fatto l'amore con una mulatta, ho fotografato Plaza de la Revolución e ho comprato pezzi d'artigianato... Ahhhh, sono stato a Cuba». Se poi il visitatore è anche un fotografo professionista, sicuramente tornerà con l'idea di cercare un editore a cui proporre la pubblicazione di un libro fotografico sull'Avana, avendo ripreso non solo l'architettura selvaggia di Plaza de la Revolución, ma anche portato a casa decine di scatti di una città piena di rovine, di gente sudata dentro autobus stracolmi, di mulatte che esibiscono denti bianchissimi e di uomini impegnati a mettere in moto una vecchia auto nordamericana degli anni '40 o '50 del secolo scorso.

Come poche altre città al mondo, l'Avana viene solitamente vista — e vede se stessa — attraverso la lente dei suoi stereotipi: la rivoluzione, la povertà, l'allegria o la fatica del suo popolo, i suoi edifici pericolanti, il suo Malecón, il lungomare (amabile o aggressivo), i suoi bambini in uniforme e contenti di andare a scuola, a seconda degli interessi di chi sceglierà un luogo comune piuttosto che un altro, quasi sempre in base a pregiudizi stabiliti. L'esercizio di «conoscere» l'Avana si pratica con una leggerezza e un impeto che difficilmente altre capitali riuscirebbero ad eguagliare e, tuttavia, molte volte ciò che ha di essenziale rimane inaccessibile ai luoghi comuni e alla propaganda, di qualunque segno politico. Se questo persistente sguardo pieno di pregiudizi sull'Avana è così evidente e significativo, è perché solo in rare occasioni il destino fisico di una città (non di un edificio emblematico, né di un settore con valori storici o architettonici, ma quello di un'intera città) ha preoccupato tanto gli esseri umani che la abitano e, in particolare, quelli che se ne occupano e la amano, come succede oggi nel caso dell'Avana. Non è casuale che oggi si stia sviluppando a Cuba un dibattito (per alcuni troppo a lungo rimandato) sui cambiamenti degli ultimi cinquant'anni dovuti all'urbanesimo, all'architettura e all'edilizia, e che il presente e il futuro dell'Avana siano proprio tra i punti di riflessione più critici e polemici.

Dentro e fuori l'isola è stata riconosciuta l'opera di conservazione e di riscatto del patrimonio storico architettonico più importante della città, concentrato nella «Avana vecchia». Quest'opera, intrapresa con particolare forza a partire dagli anni '90 del secolo scorso, è stata presentata come un richiamo inderogabile per uno spazio urbano il cui deterioramento non permetteva altre dilazioni. Condotto dall'Ufficio Storiografico della Città, questo progetto di enorme complessità architettonica e sociale — per il quale non sono mancati i detrattori — è riuscito a frenare il deterioramento fisico del centro storico, donando una nuova immagine alla città vecchia. Tuttavia, oltre i limiti delle mura che circondano la città antica, né gli investimenti, né l'entusiasmo, né le opere sono mai state le stesse, e gli anni dello spreco sono costati cari ai vecchi e nuovi quartieri proletari della città, fino a far precipitare alcuni di essi sull'orlo del collasso fisico, accompagnato da un evidente declino morale. Per gli urbanisti e gli architetti cubani i rischi che insidiano l'Avana del futuro sono molteplici e devastanti, se non verrà intrapresa un'azione drastica sin da ora. Se è vero che la città, per circostanze politiche molto precise, è uscita indenne dalla crescita urbana sproporzionata e spesso mal pianificata che ha invaso le città latinoamericane negli anni '60, ed è riuscita a preservare la sua fisionomia dagli orrori delle moderne costruzioni, di autostrade e grattacieli sorvegliati tutto intorno dalle baraccopoli, anche la mancanza di soluzioni parallele e, soprattutto, efficaci per la conservazione e la crescita dell'Avana, è ugualmente evidente.

La creazione della nuova «città socialista» all'interno di spazi nei quali sono stati ammassati centinaia di edifici multifamiliari, senza rispetto per l'estetica e neanche per l'urbanesimo, puntava a rispondere negli anni '70 e '80 alla forte domanda abitativa, un problema che non è mai stato risolto. L'Avana, oggi, è fisicamente e umanamente una città intrappolata tra il suo passato e un futuro incerto. Dietro le sue facciate, le strade e dentro i suoi stessi abitanti si svolge un dramma primario e quotidiano che sfugge alle retoriche e alla logica del turismo o del pregiudizio. L'Avana è un dolore, per noi che la amiamo, la viviamo e ne abbiamo bisogno, poiché l'Avana è anche ciascuno degli abitanti dell'Avana. Nel frattempo, la città porta sempre più i segni della scarsa attenzione che le viene riservata. Lo stato deplorevole di strade e palazzi necessita oggi di grandi investimenti che il Paese non sembra in condizione di poter sostenere. Nel frattempo, migliaia di famiglie soffrono di una convivenza promiscua e gli esperti, dal canto loro, hanno il legittimo timore di un futuro in cui soluzioni disperate rischieranno di distruggere la fisionomia della città.

Leonardo Padura Fuentes

(traduzione di Francesca Buffo)