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Cubareale - Niki

E-mail: seriomario@hotmail.com

 

Come spiegare il mio amore per L'Avana

 


La prima sensazione arrivando senza il pesante scafandro del turista, che tutto addolcisce e tiene a debita distanza è la paura.
La paura di una città maestosa e misteriosa dove l'affollamento si divide tra la staticità più immobile e l'affannoso rincorrersi.
La confusione di un idioma sconosciuto
La diffidenza che porta ad aver paura della gente che ti guarda fisso e ti fotografa con gli occhi e a grande distanza già scopre la tua provenienza senza arrivare a vedere i tuoi tratti somatici, solo attraverso il deambulare o la postura.
Superato questo terribile primo impatto che quasi ti costringe a tornare nei giardini recintati proprio a te dedicati, ti fai un pò avanti, ti fai un pò audace.
Personalmente, per scoprire una nuova città preferisco partire dal basso, dai locali più infimi, dai posti meno raccomandabili, dalle stradine più oscure.
E poi d'incanto, il ragazzo di colore dalle fattezze del lottatore greco e dalla faccia segnata dal macete ti propone lo scambio del braccialetto di plastica del medesimo colore chiedendoti il significato delle parole incise sul tuo, dal tavolo di un uomo dal grande sigaro e dall'aspetto del boss malavitoso annoiato arriva un bicchierino di rum, forse a premiare l'audacia dello straniero arrivato fin lì.
Ed appena fuori un'altro ti avverte del tuo marsupio aperto e ti raccomanda di starci attento.
(sono stato derubato anch'io perchè chi sopravvive rubando non ha nazione e non guarda l'altrui nazionalità)
Ed ancora camminando un altro quasi ti salva dal precipitare in una classica buca del marciapiede...
Fino ad arrivare ad aiutare una vecchina che ti chiede una mano per attraversare una trafficatissima strada e dopo aver compreso con difficoltà la richiesta, prenderla per mano e fermando le auto portarla sull'altro lato della strada ricevendo il bacio più dolce del mondo.
Per finire a camminare finalmente sciolto in quel fiume umano, a dribblare buche sui marciapiedi, a farti ustionare l'anima reggendo gli sguardi delle donne anche anziane, a vivere l'angoscia e la speranza, l'insoddisfazione e la sommessa ribellione, la noia e l'allegria, il caldo e le tempeste quasi fossi anche tu un cittadino.
E ti trovi il tuo santo personale, il tuo orixa, a cui offri le cose che ti piacciono di più, qualche sigaretta una lattina di birra, e che spolveri la mattina prima di uscire per strada.
E ti dicono che i tuoi nonni vivevano pressappoco così nel tuo pese, ma io lo posso vedere solo qui, seduto su questa piazza, con alle spalle l'enorme statua di ferro di Don Chisciotte e del suo fido Ronzinante, fumando Popular, e a volte, offrendo Bucanero allo sconosciuto passante.
 

E soprattutto ti accorgi che la parte più bella di te la lasci sempre lì, dall'altra parte dell'enorme mare....

 

Un trago de chispe de train 

Un trago de Chispe de tren

( Un sorso di scintilla di treno)

Piccola premessa

 

Innanzitutto il racconto, anche se di un racconto di viaggio vero e proprio non si tratta (come mio solito), doveva chiamarsi “gozando en La Habana”, forse più altisonante un “divertendosi all’Avana” che un sorso di “chispe de tren” (letteralmente, scintilla di treno), un liquore fatto in casa , un miscuglio esplosivo, per stomaci ben allenati!!!

Ma tant’è, un trago de chispe de tren si avvicina molto di più come idea a quello che vorrei raccontare, ne più e ne meno che la vita che faccio e le cose che imparo quando vivo, quelle poche, a dir la verità,  volte di là.

E dire che le città non mi affascinano più di tanto, ma solo L’Avana conosco e ho vissuto come città e sinceramente mi ha stregato, di nascosto e lentamente, fino ad impossessarsi di un parte di me, quella parte più vicina al sogno, alla fantasia, alla semplicità.

YUMA de La Habana

Bè forse nel mio caso l’appellativo Yuma non mi rappresenta più e ben pochi ancora mi appellano così.

Lo Yuma è il turista, visto come una sorta di portafoglio munito di gambe, è lo straniero in generale dalla faccia un po’ anemica e malaticcia dei paesi dell’est, lo Yuma è il sogno vivente e reale di centinaia di ragazzine in fiore che lo stanno aspettando e altro che principe azzurro, potrebbe essere una svolta epocale  per le loro giovani vite.

Tra l’altro io cambio subito il mio permesso turistico in visto familiare, e questo per dormire a casa, diciamo mia (di mia moglie) e in una qualsivoglia casa di amici o parenti senza portare grane legali alcune, come si sa il turista non può essere ospitato in una casa qualsiasi.

Con buona fortuna, cercando la solita funzionaria che ha una bambina leggermente più piccola della nostra, alla quale devolviamo tutte le robette appena usate, riusciamo di primo acchitto ad ottenere un permesso valido per 4 mesi senza stare ogni mese a rinnovarlo, benissimo ma chi lo ha tutto questo tempo????

Così, dopo pochi giorni di adattamento al clima, al differente fuso orario, al casino giornaliero della strada sotto casa…. Comincia il mio soggiorno all’Avana….che vorrei descrivere attraverso argomenti oggettivi:

L’ACQUA

L’acqua è un bene prezioso, anche noi lo sappiamo, ce lo hanno detto, l’abbiamo imparato ma….ma  ne abbiamo talmente tanta che facciamo ribrezzo per come la usiamo….

Per pulire il water da un decilitro di orina usiamo anche 5, 7 litri d’acqua, spesso potabile, per non dire del bagno nella vasca, del lavaggio dell’auto e via discorrendo…

All’Avana con l’acqua ci fai i conti subito e prendi le debite misure….

L’acqua intanto in città è erogata, in parecchi quartieri, determinate ore della mattina, quando i tanck sopra i condomini e quelli di emergenza sui balconi cercano ostinatamente di riempirsi, riuscendoci solo a volte. Qualche volta l’erogazione si protrae per tutto il giorno o torna per qualche ora la sera, a questo punto i malridotti sanitari del bagno riprendono mestamente a funzionare, farsi la doccia come usiamo noi è una vincita al lotto…

(Naturalmente alberghi e grandi condomini di lusso sono puntualmente riforniti da autobotti)

Altrimenti quando si và al bagno e bene procurarsi prima un secchio d’acqua come sciacquone, per non dover fare due volte il tragitto balcone bagno….

Per la doccia il procedimento è un  po’ più complesso. Innanzitutto si scalda un bel pentolone d’acqua sui fornelli per poi mescolarlo al secchio d’acqua fredda e regalarsi la temperatura desiderata.

Nel dunque, con un bicchierino di plastica ci si bagna.

Guai a far scrosciare l’acqua, per un cubano questo è bestemmia: l’acqua bisogna farla scorrere dolcemente su tutto il corpo senza lasciarla cadere invano. Con un pò di attenzione e cercando di non inquinare il secchio d’acqua rimanente con il proprio schampo o sapone, se si è bravini, si ha l’onore di lasciare un altro mezzo secchio d’acqua calda, praticamente un’altra doccia da usufruire per il primo che si accorge della cosa, io di solito non avverto nessuno per non fare, come diciamo noi di qui “capanze” (scelte).

L’acqua potabile per casa è la stessa, certamente trattata da una lunga bollita che non le toglie l’odore di tanfo e il sapore selvaggio, certamente per un turista occidentale la cosa può apparire strana e magari pure pericolosa, lo credo, ma personalmente mai avuto problemi di sorta, anzi a dire il vero, quando arrivo mi precipito a bere un bicchierone di quella schifosa acqua ghiacciata, è come un benvenuto, un bentornato, un viatico insomma….

Lo yuma ad esempio lo si riconosce inevitabilmente dalla onnipresente bottiglietta di Ciego Montero, l’acqua dell’azienda, come la chiamano loro, un cubano non lo vedrete mai con una ciego montero piena d’acqua nelle mani, sicuramente contiene ben altro!!!

E pensare che l’acquedotto pubblico L’Avana l’ha avuto prima di Madrid come ad esempio l’illuminazione pubblica e la rete ferroviaria,

sotto il governo spagnolo s’intende, più di un secolo fa……

Però ci sono ancora all’avana evidenti segni di queste opere gigantesche, l’acquedotto che si vede in varie parti dell’avana vecchia, acquedotto che percorreva i km che separano il centro vecchio da fiume almadares e che riforniva d’acqua la città.

Come c’è la bottega dell’Aguacero, il venditore d’acqua, non ricordo bene se in calle Cuba o Mercadales ma vicinissimo alla plaza des armas. Il suo negozietto dove vende acqua, solo acqua, acqua dell’acquedotto filtrata, resa gradevole, leggera, e che estrae dai boccioni di ceramica sopra l bancone. Lui è li da più di 40 anni, sempre lui quell’ometto dagli occhiali spessi e tanto orgoglioso della sua acqua

Che vende ma spesso regala a chiunque. La sua bottega è tappezzata di foto, penso molto di più della Boteguita del Medio, ed anche qui con un po’ di attenzione si scorgono personalità eclatanti, mi pare di aver visto anche Salvador Allende, e Papa Wojtyla attendere da lui…

 

Poi c’è l’acqua dell’oceano, quella si che ne è tanta, e quando natura vuole invade mezza città, la penetrazione del mar, che dopo qualche giorno di esplosivi scrosci d’acqua sul malecon, che inevitabilmente ne impongono la chiusura alla circolazione, invade i quartieri più bassi della capitale rendendo un po’ l’effetto “acqua alta a Venezia”, ma certamente molto più gradevole a queste temperature…..

IL CIBO

Innanzitutto c’è da chiarire un cosa basilare, il cubano non mangia, si alimenta, sia ben chiaro, ed è anche una cosa dettata dallo spirito rivoluzionario: Bisogna alimentarsi. Poi, per il come riuscirci la cosa si rimette direttamente agli interessati, come da buona logica cubano-socialista.

Nel mio caso, fortunatamente, di solito dispongo dei mezzi necessari a far fronte senza problemi e con buone variante alla necessità.

Il mio caso è abbastanza raro perché non adoro alcune pietanze base della cucina creola, che tra l’altro fanno gola a moltissimi italiani. Il congrì mi và pesante ed il riso in generale, se non in risotto, non è che mi aggrada più di tanto, per il resto e per quel poco che mangio mi arrangio bene con carne di maiale e di pollo, ma alcune volte sento necessità di un ricco piatto di pasta, che è sempre bene accetto in famiglia. Per far ciò bisogna organizzarsi però…

Innanzitutto pensare quello che si vuole fare e rimediare gli ingredienti, almeno quelli più basilari.

Per la pasta, ne arriva decisamente di più dall’italia, ma i prezzi sono proibitivi, a volte anche per me. Rinuncio spesso a mezzo chilo di fusilli a 4,50 cuc per uno di penne a 3,20, mi pare anche logico……oppure si ripara con spaghetti made in Cuba ad 1 cuc per mezzo kilo, non male a dire il vero, basta azzeccare la cottura.

Pomodori e passate ce ne sono a volontà anche a buon prezzo e qualità.

Poi magari riuscire sotto banco a procurasi una barra di gamberetti congelati, o code di aragostina fa si di avere una buona cambusa, capace di sforane almeno 5, 6 primi piatti di eccelsa qualità.

Altrimenti ci si procura pesos e si và a far la fila al Perro caliente, hot dog, o a trovare quei banchetti che tu sai, dove vendono piccoli panini di asado, maiale arrosto, a lechones una specie di misto di maiale e vegetali, non male….poi su questo tema addentrandosi per la città vecchia, si ha solo l’imbarazzo della scelta tra pizzette, cajtas (piccole cassettine di cartone riempite di riso fritto o qualt’altro), e da notare che i prezzi variano da 5 a 10 pesos cubani, come per dire tra i 10, 25 centesimi di dollaro…

Si risolve bene anche così, solo che il pane di questi panini spesso e mal fatto, mal lievitato e mal cotto.

Il pane è infatti un altro problema di cuba, non che sia un alimento principe nelle tavole cubane, viene comprato spesso in forma di baguette, “el pan de flauta” e se fatto bene è veramente molto buono. Si usa per piccoli panini, per la colazione, e senza un espressa richiesta a tavola per il pranzo non viene servito. Io me ne nascondo sempre un bel pezzo perché per accompagnare un piatto di capra al sugo, o un pollo criollo, il riso bianco proprio non mi ci confava.

ALCOLICI

Bè questo è un mio punto forte.. o punto debole....

Sono ghiottosissimo della birra bucanero e ne consumo belle quantità, anche con il limitatore acceso, cioè niente alcolici prima delle 11 di mattina, tranne qualche frequente deroga.....

Definire il popolo cubano astemio è indubbiamente un’esresia, ma anche il giudizio contrario non rende la realtà. Il cubano è un buon bevitore, di bocca buona, riesce a mandar giù di tutto, dal suddetto cispe de tren, ai distillati più fantasiosi e dalle aguas ardientes di più misteriosa fattura. Certo un buon rum di marca mette di buon umore, anche ancora chiuso...

Dire che sia ubriacone è falsità. Quanti ubriachi in giro avete mai visto in quel di Cuba, provate nelle nostre città e periferie a farvi un giro i fine settimana, non c’è assolutamente paragone.

E poi il cubano beve sostanzialmente per stare bene e difficilmente supera la soglia del non ritorno, la soglia della tristezza e della riflessione, si accontenta di restare nell’area giocosa e scanzonata senza esagerare.

Certamente abbiate l’accortezza di non seguirlo nel suo percorso alcolico, è possibile che per voi sia una soglia letale.

TRASPORTI

Bè questa è una storica nota dolente dell’isola.

Anche se ultimamente qualcosa di nuovo è arrivato ed alcune linee di pulman si siano sviluppate il problema non si risolve ancora. Naturalmente dal punto di vista cubano. Un turista che mettte nel budget di spesa 10 cuc al giorno di taxi per girare in città stà ben coperto, ma 10 cuc non si trovano per terra e personalmente io intendo spenderli in altro modo.

Soprassediamo la questione auto a noleggio.

Personalmente, dicevo 10 cuc valgono 10 birre bucanero, una quantità che volendo mi permette la sopravvivenza alcolica per almeno un giorno e mezzo, se non due, insomma un bel capitale....

Quindi cosa di meglio che i mezzi popolari. I bus sono veramente economici, 2 pesos a giro, ma estremamente sfiancanti, super affollati, anche un po’ pericolosi per i borseggi, insomma a certe orari di picco nemmeno si fermano a raccogliere passeggeri, tanto non c’entrerebbero!!

Io l’ho provato una domenica che mi sembrava fattibile, con grande sorpresa di mia moglie che mi ha visto far la fila al P1 e una volta salutata scattare via sopra il bus appena arrivato.

Lei, come molti altri i pulman non li prende mai.

Poi ci sono le buonissime auto a 10 pesos, le auto particular, praticamente vietate ai turisti ma come tutti i divieti cubani.....

A parte che mi spaccio spesso per cubano, ma prendono anche i turisti su. Fanno giri stabiliti, anche molto lunghi arrivando da un capo all’altro della città e lasciandoti lungo il percorso dove vuoi tu.

Basta orientarsi un pochino e chiedere se vanno nella vostra direzione. Praticamente con 10 pesos puoi andare dall’avana vecchia a Playa dopo il quartiere Miramar, un taxi statale come minimo ti chiede 6 dollari.

E poi son belle macchine, quando capiti su una di quelle ben restaurate, in 6, 7, 8 passeggeri tutti sempre molto educati, salutando alla salita e alla discesa sempre, ti sembra di vivere una favola, una favola antica di cui hai sentito qualche volta parlare.

Ricordarsi sempre di chiudere la portiera con moltissima leggerezza, quasi si senta solo il click della serratura, un botto violento vi procurerebbe uno sguardo animalesco del proprietario e qualche maledizione varia di qualche orisha protettore delle auto d’epoca.

Poi qualche volte si raccoglie uno sfogo, si accetta una conversazione anche spinosa se magari il tassista è una persona conosciuta e di fiducia, si ascolta il quotidiano con i suoi risvolti più dolorosi, un arresto, detenzioni, malattie,  fame, e pur anche questo la città.

LA CALLE   (La strada)

La calle è, oltre al suo principale significato anche un modo di dire, “voy por la calle” sommariamente significa vado a fare un giro, un giro in giro, o “viver ne la calle” si dice di uno, il sottoscritto rientra nella categoria, di una persona che si scorda la via di casa.

La calle è la culla della città dove tutto nasce, tutto si divulga, tutto si conosce, tutto si compra.

Non vi preoccupate se dopo 4 anni aveste la possibilità di tornarci magari nelle vie della casa particular dove stavate in quella vacanza, molto probabilmente più di una persona vi riconoscerà, magari senza dirvelo. La memoria fotografica dei cubani, come d'altronde di moltissimi paesi poco sviluppati è straordinaria.

Inutile sottolineare che alla fine fai grande amicizia col tipo che abita dove passi sempre e che ad ogni ritorno ti abbraccia e ti saluta, e pensare che tutto cominciò con un “eh italiano” a cui nemmeno risposi.

La calle ha anche gli occhi e le orecchie e di questo bisogna farne tesoro, magari ingenuamente si possono mettere nei guai qualche venditore di frodo, qualche conoscente che vi fa un favore, o il venditore di barre di gamberetti congelati di cui sopra.

Per il resto è vita, vita pulsante, piene di gente diversa e colorata, piena di facce sofferenti che nascondono a mala pena il pianto, facce di ragazzi giovani molte sorridenti altre con un ghigno da malvivente, quale forse vorrebbero diventare, facce sognanti dei turisti canadesi ed europei, quelle italiane non so perché un po’ meno.....

Poi, come si dice, all’Avana tutte le strade portano al mare, e non è proprio un eufemismo. Se vi troverete a girare per posti un po’ elevati come il Vedado, nella zona della rampa, dell’hotel national verrete disorientati da tutti i punti dove vi apparirà l’oceano, dietro un palazzo, alla fine di una stradina, dietro una pianta tropicale. Le mille baie ed insenature della costa fa di questi scherzi, è possibile infatti quasi vedere il sole nascere e tramontare nell’acqua.

DONNE

Le donne cubane tengono in piedi l’economia ed il paese tutto.

Non se ne parla, non se ne dice, il paese è fondamentalmente legato alla cultura latino americana, dove l’uomo è macio e non si discute.

Ma se tutte la donne massaie, lavoratrici, mamme, zie, nonne, prostitute e così via scioperassero per solo pochi giorni la nazione collasserebbe di botto, si inabisserebbe come dicono là.

La famiglia cubana, tanto importante per tutti loro si sostiene sulle spalle delle donne, dalle più anziane che di solito accudiscono i figli delle più giovani, alle mediane che sono quelle debite al lavoro e alla spesa giornaliera.

Poi è chiaro, lo stereotipo creato dall’industria turistica internazionale mette sempre una bella creola sulla copertina del depliant.

Ed ultimamente le prostitute non sono più ingenue come prima, hanno tariffe precise, hanno imparato anche loro il sistema nostro, non è più la cenetta o l’ingresso in discoteca che cercano in scambio, ma meri pesos convertibili da spendere come credono, il più delle volte vero sostentamento di intere famiglie.

Tutte le donne per bene che conosco, gente seria e che lavora efficientemente per lo stato, di nascosto, sotto sotto mi hanno chiesto se avevo un amico che se le poteva sposare, incredibile, alcune vergognandosi di chiederlo e con la preghiera di non rivelarlo alle sue amiche, quasi fosse un delitto chiedere questo.

Tutti i giovani cercano un modo di uscire dal paese nella maniera più legale possibile per non perdere i diritti cubani a cui, incredibilmente ci tengono tutti.

TORNANDO A CASA

Tornando a casa in Calle Ronda, al quinto piano dell’edificio condominiale, non ancora in Italia per fortuna.

Qualcuno potrebbe trovare questo scritto un po’ sconfortante alla prima lettura, ma non è così.

Questo sistema di vita, allorché approssimativo, è uno stile di vita basato sulle essenziali necessità dell’essere umano: il cibo, l’acqua, la necessità delle relazioni sociali e quindi dello spostarsi.

Noi, col nostro straordinario sviluppo la abbiamo quasi dimenticate post ponendole magari ad un lavoro più remunerativo, una casa più grande, un’auto più veloce tanto da farcene una ragione di vita.

Ricordo che quando decidevo di cucinare una puttanesca, piatto di estrema rapidità e facilità da noi, dovevo alzarmi di buon ora e trafficare tra i vari mercati per reperire gli ingredienti che di solito noi abbiamo stipati sempre in casa. Per le olive e per il tonno sorgevano sempre le più grosse difficoltà, km di strada a piedi da un supermarket ad un altro.

E se la necessità acumina l’ingegno, le ingegnosità che si incontrano qui lasciano a bocca aperta per semplicità, economicità ed efficienza.

Come dire, molti si affidano a guru e pratiche yoga per trovare quello che qui si incontra per strada quotidianamente, la leggerezza, anche in mezzo ad enormi difficoltà, la leggerezza del vivere.

E qui certamente un sorriso non si nega a nessuno.

La Avana     10/01/2010

 

NIKI

 

 

La Habana

 

L’AVANA

 

AVANA E' UN MINESTRONE
CHE BOLLE E RIBOLLE
A VOLTE PIANO A VOLTE FORTE
DIPENDE DALL'ORA E DAL GAS
 

E DENTRO CI VA':
UN PO' DI GENTE DEL CAMPO
MOLTO ORIENTE
LA VECCHIAIA ORGOGLIOSA E FELICE
LA RAGAZZINA SFRONTATA E AMBIZIOSA
LA POLIZIA PRESENTE
 

A VOLTE UNA BOLLA ESPLODE

UOMO STRILLA "HO FAME"
E TUTTO IL RESTO GLI RISPONDE
"ASPETTA CHE SIA COTTO"
PER TUTTI I GIORNI CHE DIO REGALA.......

 

 

La Habana 2004

 

La historia di Cacì

 

(una storia vera)

Cacì era appena un ragazzino, ma già da piccolissimo aveva qualcosa di strano di diverso, sarà stato il lampo dei suoi occhi o quel fisichetto esile e robusto al tempo stesso, quel portamento reale ed una camminata che pareva danzare sui marciapiedi che lo distinguevano dai compagni della sua età.
Alle primarie già la camicetta rossa e i saltafosso gli stavano un po stretti, come le scarpe, che puntualmente alle 4 l’ora di uscita dimenticava insieme alla divisa.
Lo vedevi uscire di casa allora come una saetta, scalzo ed in canottiera, brandendo un bastone, la sua mazza da basebal, per arrivare all’angolo della 19 e la 21, lo slargo dove i principali giovani capitani componevano le squadre e davano inizio ai tornei che si prolungavano anche fino a notte inoltrata.
A volte, quando radio bemba (radio labbra) dava la notizia, perché sia chiaro anche tra i ragazzini funziona bene l’informazione di radio bemba (il passaparola), che nei giardini dell’universita c’era Ulito con il suo pallone da fotbal vero, si rinunciava al torneo e si andava tutti là, a sei isolati di distanza risalendo la rampa per saltare la balconata dell’università e vedere quello spettacolo di palla. A lui, poi , dava in infinito piacere sentire a piedi scalzi la dolce ruvidezza del cuoio usato, ed anche quando lo percuoteva con il suo potente destro, dava piacere il piccolo dolore del colpo.
Passava il tempo nella sonnacchiosa Avana e venne anche il tempo di cambiar divisa e di mettere quotidianamente il fazzoletto al collo. La cosa non lo turbò più di tanto, aspettava sempre l’ora di andare a cambiarsi e mettersi in libertà, per così dire. Sembrava accettare passivamente i campi di istruzione in campagna, le gite a vedere le fabbriche di zucchero, le marcette stile pionieri elle armi, sapeva che non poteva ancora farci niente e che doveva restar in divisa almeno fino al preuniversitario quando poteva anche decidere di lasciare quella inutile scuola.
Gli anni scorrevano lenti come l’Almandres scorre tra il Vedado e Miramar, lento quasi immobile, ma inesorabile.
Arrivarono gli anni 90 con tutte gli sconvolgimenti che si possono immaginare, ma che in quella terra cambiarono le abitudini di tutti, senza eccezione alcuna.
In quel periodo gli successe che suo zio Pacco un primo pomeriggio di un sabato qualsiasi lo andò a prendere dicendogli di vestirsi come per una festa. Alla hall del bar del hotel Colina era di turno Froi un suo amico d’infanzia e gli permetteva di restare li a guardare la tv satellitare. Con la scusa di una birra per lui e di una malta per Cacì si sedettero ad osservare lo spettacolo più bello del mondo, a detta del giovane Cacì, la finale della coppa delle coppe dal vivo in diretta dalla Geramania.
La Germania, è dove sarà mai la Germania. La sua fulgida intelligenza subito escluse gli stati uniti, troppi pochi gli uomini di colore sia in campo che sugli spalti, dedusse che si doveva per forza trattare dell’Europa, patria incontrastata del calcio.
Fù un pomeriggio indimenticabile, l’unica birra e l’unica malta finirono insieme al secondo tempo.
Ma gli rimase per sempre quella sensazione di gran festa e di gente esultante e rumorosa.
In qugli anni accadevano fatti strani, la mattina non si faceva più colazione con il latte, ed anche le frittate erano più rare, per non parlare del maiale o del suo amatissimo pollo alla criolla. Erano, come diceva il nonno “desaparesidos como tio Andrè”, spariti come lo zia Andrè, che per lui rimaneva sempre un mistero la sua sparizione ma non andava tanto a chiedere in giro, abituato com’era a far poche domande ed in fondo anche forgiato dall’assenza di un padre che non aveva mai conosciuto.
Accadevano cose strane, come dicevo, come quella domenica che si stava sbracati sul malecon dalle parti del Mellia quando da lontano videro arrivare due lance a velocità folle. Arrivarono vicino agli scogli del frangiflutti e gridando a squarciagola invitavano che volesse a salire, in fretta e gratis a saltare dall’altra parte dell’universo....
E si vedevano giovani e meno giovani d’un tratto buttarsi in acqua e senza ripensarci due volte abbandonare una vita per un’altra, lasciare tutti gli affetti per un salto nel vuoto, vide due ragazzi baciarsi per un tempo infinito prima che lui si tuffasse salisse sulla lancia e sparisse per una strada senza ritorno, con la possibilità di non incontrarsi più per tutta la vita,.
Ma erano cose strane.. cose da “periodo especial”.
Ma lo fecero pensare, già così piccolo, all’idea della fuga. E’ come qualcosa di genetico, qualcosa che sai di avere e non trovi, una sensazione sotto pelle che finalmente capisci e realizzi, e grazie a quei tanti stimoli concludi : La fuga..
Erano giorni in cui dei pazzi ragazzi dirottarono la lancia che fa la spola da traghetto tra i due bracci del porto. La gente all’inizio del malecon che si accorse del furto quasi faceva il tifo per i quattro spregiudicati, sperando che la guardia costiera non li beccasse... macchè, a 4 miglia erano già belli che intrappolati e per loro furono guai seri, anzi fatali, gli ultimi giustiziati ufficiali in terra cubana.
Radio bemba continuava insistente su quelli che riuscivano nell’impresa e su quelli che finivano tra gli squali, anche di quelli traditi spudoratamente. C’erano in giro dei figuri che promettevano previo pagamento di molti pesos il passaggio in una grande barca per l’agogniata Miami. Questi radunavano un certo numero di persone, 35 40, su una spiaggia all’estremita ovest della città, dove c’era una casa affittata per fare delle feste. Lì quelle persone si radunanao ed aspettavano il segnale per tuffarsi in mare ed arrivare all’imbarcazione che li aspettava, ma il più delle volte, pagata la caparra quello che arrivava era la polizia, già pratica del luogo, che non dava scampo a nessuno.
Erano cose che succedevano e non turbavano più di tanto la popolazione, a meno che non c’era un parente o un amico di mezzo.
In Cacì stava prendendo forma un’idea di cui aveva prima solo i lineamenti esterni, ma che si stava concretizzando e caratterizzando in modo preciso.
Si stava stancando dei pomeriggi a giocare, era diventato sfiancante con quel poco di alimentazione giocare a basebol, e star senza far niente non era proprio quello che un ragazzo si aspetta dalla vita.
Doveva andare via.

La prima volta, con quattro compagni fidati costruì una balsa (zattera) tipica, fatta con sei camere d’aria di camion legate insieme e sopra un piano di un vecchio tavolino per sedersi a remare e per le povere scorte.
La realizzarono in uno stabile abbandonato in poco meno di un’ora la sera stessa della partenza. Di fronte c’era il malecon dalle parti dell’hotel Riviera, che non è proprio un ottimo posto per andare via indisturbati, tra l’altro l’insenatura che stà lì davanti è illuminata dall’1860, il locale notturno all’aperto proprio sulla baia.
Alle 4 di mattina come prestabilito si ritrovarono lì e con un balzo felino, tutti e quattro si incollarono l’imbarcazione la buttarono dal parapetto e si tuffarono. Presero a remare con gran foga per cercare di allontanarsi il più possibile dalla costa prima che arrivasse l’alba.
La cosa andò per il verso giusto, si ritrovarono in alto mare, pagaiando verso una direzione che al loro naso pareva buona, ma l’inesperienza di solito si paga e qui non fù diverso. Non si informarono minimamente delle condizione meteo, tantè che all’ingresso del golfo del messico, a poche miglia dalla costa furono sorpresi da una tempesta che scendeva da nord e che rapidamente e senza altra possibilità li ricondusse verso le coste cubane. Approdarono tra l’Avana e Pinar del rio e fu difficile e pericoloso il ritorno in città dopo appena tre giorni di fuga.
Ma al pensiero “la prossima volta andrà meglio” rientrarono nelle loro case distrutti tra il dispiacere per la mancata riuscita e la felicità di rivederli in vita dei parenti:
La seconda volta era progettata per la settimana successiva al casino del Mariel, quando dopo scontri in città il capo di stato decise di aprire un porta al mare a chi voleva andarsene con la promessa di non rincorrerli o ostacolarli. Lui fù furbo in questo caso esportando con questo sistema gran parte della popolazione carceraria e manicomiale, ma qualche sano riuscì ad approfittarne e radio bemba sembrava impazzita a comunicare tutte le novita sulle fughe, quelle riuscite e quelle no.
Arrivò di nuovo il loro giorno. Il mezzo era lo stesso con qualche miglioria, un briciolo di esperienza in più e l’accortezza di salpare da un posto più nascosto, la fine di Miramar, dove i grandi alberghi coprivano la visuale al mare e c’erano tende di pescatori dove si poteva assemblare l’imbarcazione.
Questa volta partirono con meno foga e più ritmo, dovettero remare molto prima dell’arrivo del sole e la sera dopo all’imbrunire approdarono in una terra sconosciuta festeggiando con un po’ di anticipo di troppo. Quello non potevano essere gli stati uniti, non c’era niente, neanche l’ombra di un uomo, un porto una casa. Avevano sbagliato di nuovo. Ripartirono indecisi sulla rotta da seguire ed a caso scelsero ed il caso, appunto gli fece un brutto scherzo. Sbagliarono direzione, tornarono indietro verso le coste lasciate il giorno prima, che roba, che guaio, ed ormai con le prime colline di Pinar in vista sulla propria dritta e così stremati che cosa potevano più fare se non rientrare quatti quatti ancora una volta nelle loro case. Ma quello che videro gli rimase nella memoria. Teste di uomini galleggiavano come palloni dondolando, senza il corpo sotto che gli poteva fare da contrappeso, divorato dai pescicane. Gruppi di teste di uomini e di donne sciamavano nell’acqua calma come in processione, spinte dalla leggera corrente del golfo. Di loro era rimasta una storia precedente e quella testa galleggiante. Che spettacolo.
Un pò si aquietarono. Per qualche anno non se ne parlo più, c’era da smaltire quella paura ed aspettare magari qualche occasione inaspettata che tardava a venire. Intanto si sentiva da radio bemba le ultime prtenze, gli ultimi arresti, le nuove proposte.
Un giorno, per caso, Cacì incontro un suo vecchio zio, fratellastro del suo sconosciuto padre che gli confessò che lui era un calafatore e sapeva costruire barche di legno, anche grandi, gli bastava un luogo sicuro e il materiale che necessitava. Proponeva una grande barca a remi, piuttosto bassa per non dare nell’occhio ma molto affusolata per essere abbastanza veloce, e se fossero riusciti a trovare un motore aveva anche l’opzione di fargli un aggancio in poppa ad hoc.
Non fece in tempo a finire il ragionamento che Cacì già era partito alla ricerca degli amici e del materiale.
Due settimane dopo, lavorando quasi sotto casa, il lavoro era compiuto, il motore trovato, i ragazzi pronti. Mancava un ultimo dettaglio, come trasportare l’imbarcazione fino ad un punto tranquillo per salpare, e adesso con una barca vera non si poteva più giocherellare tra malecon e marina Heminguey, ci voleva un posto lontano e possibilmente senza tanto controllo. Scelsero la spiaggia prima di Guanabo e il trasporto lo faceva Felipe in cambio di 1000 pesos, bella cifra ma si rischiava la galera, il rischio c’era.
Ando tutto alla perfezione, incrociarono per strada la ronda dei guarda costa, cosa che gli regalava almeno una mezz’oretta di tranquillità, il tempo giusto. Il camion arrivò quasi fino al mare anche se la strada era a due passi. Dovevano fare in fretta, in queste condizioni anche un vecchietto o un ragazzino diventano militanti del partito e non esitano a far suonare le trombe.
Ando tutto bene anche meglio del previsto, il motore revisionato si accese quasi subito e si allontanarono, stavolta muniti di bussola e ben addestrati dal vecchio marinaio che gli aveva costruito la barca e suggerito il giorno preciso, quando avrebbero trovato un buon mare e la corrente favorevole.
Era il lontano 1995.

Cacì gode di ottima salute, ha una famiglia in florida, lavora e guadagna bene, vive anche qualche lusso di tipo americano, ma tutte le sere immancabilmente si siede sul dondolo stile cubano che ha sulla veranda e guarda in lontananza, verso il mare, in direzione della sua patria perduta.
Oggi giorno, grazie ad una modifica della legge può tornare a casa sua a Cuba, solo da turista però e solo per due mesi, e senza che, finalmente, nessuno più oserà dirgli “gusano”.

 

 

 

 

Turisti per Caso in Primo Piano: Intervista Especial a NikiJapan, Guida per Caso dell'Avana

 

 

Holderlin, insuperabile turista per caso-poeta, ha vestito una seconda volta i panni dell'intervistatore per la rubrica Turisti per Caso in Primo Piano: leggi tutto d'un fiato la sua chiacchierata con Niki Japan, Guida per Caso dell'Avana.

Holderlin: Non bevo mai quando lavoro, ma, come diceva Grucho Marx, sia pure in altro contesto, nel caso di Niki Japan farò un’eccezione, dividendo con lui una bottiglia di uno dei più corposi e profumati rum cubani. A proposito, Niki, quale suggeriresti? 

NikiJapan: Bè proporrei, caro Holderlin, un nuovo prodotto commerciale, il "Santiago", un rum scuro ma non invecchiato, decisamente amabile e fruttato, non fortissimo, adatto a qualsiasi ora e a qualsiasi clima...

H: In tal caso, prima delle domande di rito, come si brinda a Cuba? 

NJ: Cuba, quando si stappa una bottiglia di Rum nuova, è bene ricordarsi di far cadere le prime gocce del contenuto in terra, meglio se proprio “terra”, questo come offerta ai santi, sennò potrebbero offendersi, con le conseguenze facilmente immaginabili in caso di eventuale sbronza...

H: E tua moglie è così tollerante, o a casa ti fa trovare solo bottiglie cominciate?

 NJ: A parte che fortunatamente a l’Havana abbiamo un balconcino, e in Italia viviamo in campagna, ma è sempre meglio qualche macchia per terra in casa, che mettersi contro qualche orisha, e pensa che lei è anche quasi astemia, eh eh...

H: E allora vamonos a empezar: Nome o nickname: Niki (all'anagrafe Nicola, ma da sempre Niki) Regione di provenienza: Abruzzo Età: A giorni 46 , ma solo all'anagrafe...

H: Vuoi dire che ti senti molto più giovane?:-)

 NJ: Bè più che altro volevo dire che non li sento, quando ero molto più giovane associavo già questa età alla vecchiaia, ma per fortuna mi sbagliavo, ho ancora tante cose da cominciare addirittura...

H: Alcuni punti fermi li hai messi: so che sei sposato..

 NJ: Si, con Cristina Cisnero Perez (habanera di origini orientali)

H: Dal che si capiscono molte cose :-)... Veniamo a noi: tu sei la guida per caso dell'Avana (a proposito, complimenti, le hai dato un taglio molto personale, su cui torneremo), come è nato l’amore per Cuba? 

NJ: E' stato del tutto casuale, un destino imprevisto... Pensa che quando sono andato la prima volta, stavo facendo le valige per una sospirata settimana bianca...E cercando un’improbabile compagnia, mi sono incontrato una sera con un mio caro amico, che sapevo fidanzato con una cubana e che, dopo svariati tentativi di farla "uscire" da Cuba, si è deciso ad andare a sposarla là, e candidamente mi ha chiesto se ero disposto a fargli da testimone di nozze. Un concatenamento di situazioni positive mi ha spinto ad accettare la cosa e sono partito per un viaggio senza ritorno...

H: Beh, raro caso di matrimonio che ha portato a qualcosa di buono, forse perchè era di un altro (sto scherzando:-)); in quanto al "senza ritorno" immagino tu ti riferisca all'amore per Cuba... 

NJ: Si, per Cuba e per la mia signora, diciamo che ho trovato in un sol colpo una compagna affabile ed una patria ospitale.

H: Sei stato tanti anni a Cuba, hai sposato una cubana, hai notato cambiamenti nel modo di vivere, di confrontarsi con il quotidiano, di pensare a se stessi in quanto cubani, negli ultimi 15 anni?

 NJ: No caro Doc, non sono stato molte volte a Cuba, la prima volta è stato 5 anni fa. Ma una curiosità innata e la voglia di conoscere, mi ha sempre spinto ad informarmi, parlando spesso con persone di una certa età (non è una balla, le persone di media età hanno un'erudizione ed una conoscenza eccezionali). 15 anni fa correva l'anno 1994 mi pare; il periodo speciale cominciò nel 1991, quando cadde il muro che provocò quel terremoto grande, che se da una parte ha portato libertà, dall'altro miseria e fame... Il periodo especial, battezzato così perché doveva essere un periodo transitorio, non è ancora finito... Tra un ciclone distruttivo e l'altro si vive a momenti, ora per esempio è un momentaccio, si rischia a volte di non trovare le cose essenziali per alimentarsi, e figuriamoci gli annessi e connessi. I cubani sono molto orgogliosi della loro nazionalità, forse più di tutti gli altri popoli, son capaci di nasconderti che non hanno pranzato, quando ti offrono quel poco di riso rimasto, ma a dire il vero sono veramente stanchi e cominciano a dubitare fortemente che tutto, come dice il governo, derivi dal blocco americano. E siccome non nutrono più tante speranze, specie i giovani, che sono nati dopo i 50 vetusti anni della rivoluzione, l'unica cosa che possono fare per sollevarsi un pò e non continuare la lotta con un piede sempre nell'illegalità (è reato tra i tanti commerciare carne di manzo o di cavallo, si rischiano fino a 4 anni di prigione), è finire con lo scegliere la difficile via dell'emigrazione, se non dell'auto esilio.

H: Argomento dolente e complesso, quello delle condizioni di vita a Cuba, da sempre giudicata in modo controverso, dall'apologia alla demonizzazione, forse un discorso ancora aperto, con ombre (gravi), ma anche grandi luci (non dimentichiamo che prima di Castro c'era Batista...) e comunque... Nella tua guida di Cuba, citi spesso poesie di cubani, cosa che denota, a mio avviso, sensibilità ed intelligenza, non solo perché da noi i poeti cubani non sono molto noti, ma perché davvero la poesia si spinge, a volte, dove altri non arrivano o non osano, e dunque ci dà un’idea potente della vita del popolo. Se dovessi scegliere una poesia di uno dei tanti poeti che hanno arricchito ed arricchiscono Cuba, quale sceglieresti?

NJ: Vorrei citare un'autore non molto conosciuto neanche in patria (come tu stesso affermi la poesia cubana ha avuto sempre grossi problemi di divulgazione; per un potere come quello cubano è più pericolosa di un attentato e molti poeti sono finiti in gattabuia per anni per aver pubblicato poesie antirivoluzionarie). Questo si chiama Pablo Armando Fernandez, nato a Delicias nel 1930, una isoletta di Cuba, in una fattoria di lavorazione di zucchero gestita da americani, dove si studiava inglese come prima lingua; fuggito a 15 anni dalla dittatura di Batista negli Stati Uniti, è tornato a Cuba alla vittoria della rivoluzione; un vivente che, come quasi tutti i poeti e gli artisti cubani, porta la grande bandiera della cubania per il mondo. Esule due volte, stentando a ritrovare quella terra che sente costantemente parte di sé.

Lo sè de cierto porque lo tengo visto - Lo so di certo perché l'ho visto 

Mi amor son estas islas y cayos - Il mio amore sono queste isole e isolotti 

que el sol, los vientos, el aguacero acosan. - che il sole, i venti, l'acquazzone assediano. 

Mi amor son esto trazos de linea imprecisas - Il mio amore sono queste tracce di linee imprecise – 

aves y aperos, reptiles o ramajes - uccelli e arnesi, rettili o rami- 

Amar esta imagenes - Amare queste immagini 

que reducen a lìmites menores - che riducono a limiti minori 

mi mirada, mi voz, mi memoria, - il mio sguardo, la mia voce, la mia memoria,

 nadie lo dude, duele - nessuno ne dubiti, duole

duolehacer tocar el fundo de uno mismo - fino a toccare il fondo di se stessi 

Y es que al frente a este esboso - Sarà di fronte a questo accenno 

de contornos geograficos - di contorni geografici

 no se siente otro amor por las distancias? - non si sente altro amore per le distanze? 

No nos attraen lejanas otras lindes? - Non ci attraggono lontani altri confini?

 Miro el mapa que mi ninas dibujan - Guardo la mappa che le mie bambine disegnano 

en un cuaderno nuevo. - in un quaderno nuovo. 

Cuan mayores ya son estas abuelas - Come vecchie ormai sono queste nonne 

que, en sillones de mimbre, entr almohadones, - che, in poltrone di vimini, fra i cuscini 

nos relatan memorias de sus luchas: - ci raccontano memorie delle loro lotte:

 las guerras, los ciclones, la familia. - le guerre, i cicloni, la famiglia. 

Què antiguas e inocentes estas islas, - Quanto antiche ed innocenti sono queste isole, 

que mi razòn exaltan, - che la mia ragione esalta,

 para que no queramos oirles otra historia? - per non voler sentire altre storie?

 Mi amor son estas tierras - il mio amore sono queste terre

 y son tambien mi angustia - e sono anche la mia angoscia.

H: Bellissima, molto evocativa e toccante, specie nell’immagine delle nonne... Per la tua sensibilità, se decidessi di trasferirti definitivamente a Cuba, sceglieresti l’Habana, qualche periferia rurale o un posto sul mare, più appartato? Perché?

 NJ: Questa è una bella domanda. Mia moglie ha un bell'appartamentino al Vedado, un quartiere tra i migliori della città, vicino all'università, proprio a cento metri c'è la famosa Rampa e la tanto citata Calle 23, una zona molto vivace sia per i tanti studenti che girano, sia perché ci sono strade molto trafficate e c'è sempre un casino di gente in giro anche di notte, un quartiere anche tranquillo per la delinquenza e con tante attrazioni, sia culturali che di divertimento. La suocerona sta invece in Pilon, provincia di Granma, estremità orientale dell'isola (a Febbraio dello scorso anno c'erano a volte 30 gradi centigradi). Lei, con un nostro piccolo aiuto, è riuscita a scendere dal campo dove stava, sulla sierra, dove non si arrivava in auto, fino alla vicina Pilon e si è costruita, alla fine, una bella e grande casa di legno con tetto e finestre in alluminio, proprio dove inizia la giungla della sierra maestra, ma a due passi dal centro. Un posto incantevole, tra boschi di un verde che dire intenso sarebbe riduttivo... Tra l'altro lì il mare, oltre che bello, non è ancora deturpato dalla speculazione turistica anche perchè è una regione fuori dalle rotte comuni e difficilmente raggiungibile... Dopo gli ultimi cicloni penso che sia rimasta solo una strada percorribile per arrivarvi. Comunque a Cuba il problema non è strettamente la città o la campagna, ma il modo di sopravvivere: noi occidentali abbiamo tante di quelle esigenze... E il nostro tenore di vita, anche se a noi non ci sembra, è difficilmente sostenibile a Cuba. Si potrebbe vivere con qualche rimessa dell'estero e industriarsi a fare qualcosina per diletto là, questo si, per evitare la pericolosa tentazione di passare troppo tempo senza far niente, io non ci sono proprio abituato.

H: Dalla descrizione che ne hai fatto non ho dubbi, andrei a vivere nella casa di tua suocera, a Pilon, sembra un posto bellissimo (però in effetti non so se tua suocera sarebbe d'accordo, e forse nemmeno mia moglie:-).

NJ: Doc, c'è spazio davanti, ti potresti costruire una capanna e dare una mano al vicino che ha un'orto da paura, dove i pomodori maturano anche due tre volte l'anno... Mia suocera poi è molto ospitale pensa che ha in casa un ragazzo orfano che tratta come un figlio, poi c'è sempre bisogno di un doc che monti a cavallo e salga a curare quei vecchietti sperduti su in montagna...

H: Non hai grande fiducia nelle mie doti edili se mi proponi di costruirmi una capanna:-), però andare a far le visite a cavallo mi attira. Qual è, secondo te, il mese migliore per vivere a Cuba, e per vivere Cuba? 

NJ: Guarda, i periodi sono tutti belli, il clima tropicale ha la caratteristica di rimanere sempre caldo con poche escursioni termiche. Io sinceramente sono innamorato della primavera cubana, anche se lì non dividono l'anno in 4 stagioni, ma solo in 2. Verso marzo, aprile, maggio, e di solito nel periodo pasquale, si alza infatti un caratteristico vento chiamato "della quaresima", un venticello secco che sale dall'oriente ed accarezza dolcemente tutta l'isola portando i profumi della frutta esotica che in oriente matura molto prima.

H: E’ un’immagine bellissima, evoca Marquez, Sepulveda... Cosa ti affascina di più e cosa meno del popolo cubano (vietato, per i difetti, fare un elenco di quelli della moglie;-)? 

NJ: Il meno è presto detto: il cubano è un raccontaballe professionista, che potrebbe concorrere con Totò, quando vendeva la Fontana di Trevi a quel ricco signore. Per i pregi ci vorrebbe una e-mail gigante a parte. Avere un amico a Cuba può essere veramente avere un tesoro... ( amico cubano a Cuba, non fuori però).

H: Mi sembra che i pregi prevalgano di gran lunga sui difetti...Cuore grande latino... Il tuo piatto cubano preferito (se possibile con ricetta)? 

NJ: A dispetto di tutti quelli affascinati dalla cucina cubana ( i miei amici arrivano di corsa quando decidiamo di fare una comida criolla), io non sono particolarmente ghiotto delle loro specialità. Ma una cosa che veramente mi piace molto è la capra, il civo, cotto encilado, con sugo, e prima arrostito bene con la birra... Come lo fa la suocerona c'è veramente da leccarsi i baffi.

La ricetta: (all'incirca): si prendono i pezzetti di capra a cui si aggiunge, nella pentola di cottura aglio, cipolla, limone (succo) e un pò di cumino (questo lo ritrovi nella maggior parte dei piatti ed è l'odore caratteristico che si sente sempre nelle case cubane), poi, bada bene, si aggiunge dopo che la cottura è andata un pò avanti, la salsa di pomodoro, loro la chiamano purè e si fa andare a fuoco lento senza aggiungere acqua, perché quando si ritirerà dovrà essere allungata con la birra, ripetendo l'operazione quando serve o sta troppo asciugandosi, così, in una ventina di minuti suppergiu, dovrebbe venire fuori un ottimo piatto. Certamente è da provare, perché dubito che i primi risultati potranno essere all'altezza della suocerona...

H: Confermo, chiedi a tua suocera se mi ospiterebbe... Domanda di interesse personale: nei Paesi poveri (non sempre e non in tutti) spesso gli animali tendono ad essere trattati senza troppi riguardi: qual è l’approccio dei cubani nei confronti, ad esempio, di cani e gatti? 

NJ: Bè a Cuba non è cosi, ci sono moltissimi amanti degli animali, vedi spesso in giro cani addestrati e di razza portati fieramente in giro e non ci sono molti randagi, io all'Avana non ne ho visti... Potrebbe darsi che vadano a finire in qualche piatto per cena, come ogni tanto si dice, e come nei primi anni di periodo especial quando ci fu una grande moria di gatti, ma anche in Italia del dopoguerra si dice che erano un buon piatto.

H: Speriamo sia la prima e non la seconda che hai detto... Tolto Cuba, qual è il viaggio che ti ha più emozionato?

 NJ: Io ho viaggiato molto in Europa e sempre da solo e sempre adoperando la mia innata adattabilità, per sfruttare la bontà che in tutti i popoli esiste, nei confronti dello straniero a piedi... Non ho un ricordo emozionante dei luoghi, piuttosto delle persone che ho conosciuto e che hanno reso indimenticabili quei luoghi: il vecchietto che mi ha offerto il suo divano per tre notti a Praga gratis e con cui ho passato bellissimi giorni senza bisogno di parlare tanto, non ci si capiva, il ceco non lo conosco e lui non conosceva l'inglese, o tante altre facce che mi fanno ricordare quei posti, come il poliziotto che a Murcia in Spagna, dove andai con una sgangherata motocicletta, mi offrì jamon pata negra e mi parlò di quando era stato in Italia... O il primo capodanno libero di Berlino est con tutti quei giovani pazzi di gioia... E così via... Potrei scrivere per ore...

H: Conoscere la gente è davvero “sentire” il polso dei Paesi che si visitano, comprenderne la vita... 

NJ: E’ così, almeno per me... In una sua vecchia canzone, quattro cani per strada, il buon De Gregori, parlando del quarto, il cane padrone (e noi da buon abitanti del primo mondo dobbiamo ritenerci tali), dice "non sa dove andare e comunque ci va, qualche volta si ferma ad annusare la vita...", ecco, io penso che a noi manchi questa capacità, o l'abbiamo dimenticata, fermarci qualche volta ad annusare la vita, e so per certo che i cubani, gli africani, gli abitanti del sud del mondo, hanno ancora questa capacità...

H: Viaggi anche con la famiglia? E se si, riesci ad “annusare la vita”? ad essere concentrato sulle emozioni che certi paesaggi, certi sguardi e sorrisi suscitano, senza perdere di vista anche le emozioni che provano tua moglie e tua figlia?

 NJ: Ho viaggiato sempre da solo prima, ora mi è più difficile, ma non mi affliggo... Per le sensazioni sono sempre molto aperto e noto con simpatia che Linda, la piccolina, ha la mia stessa inclinazione, la mamma dice che è una "nina de la calle como el su papà" una bambina della strada come me, ed infatti noi cominciamo il nostro nuovo viaggio presto, verso le 7 del mattino, tutte le mattine... E ci troviamo ad emozionarci spesso rimbalzandoci "hai visto che bellooo".

H: Davvero privilegio raro poter vedere le cose la prima volta attraverso l'entusiasmo e lo sguardo di un figlio piccolo :-) Qual è l’ultimo libro, in cui venga trattato il tema del “viaggio”, che hai letto? 

NJ: Sono molto attratto dalla narrativa cubana (sarà una malattia? La temibile “cubanite”?), l'ultimo libro che ho letto si chiama "Elena e rimasta... Y papà tambien" di Erick de Armas, classe 1965, un enfant prodige... Un altro degli auto esiliati, nel 1994 è riuscito ad espatriare in Belgio, e in questo libro racconta le peripezie di quegli anni, quelli a cui accennavamo prima ed è commovente l'ultimo giorno di permanenza all'Avana. Il 7 agosto 1994 Erick aveva il biglietto aereo ma temeva fortemente di essere fermato, erano giorni durissimi e proprio quel giorno ci fu la famosa insurrezione in città, sul malecon dell'Avana scese in piazza la folla rompendo tutto quello che trovava ed incendiando cassonetti, Fidel in persona scese nelle strade, scortato solo dalla brigata blanca y roja, una brigata di muratori orientali fatti venire per edificare palazzi residenziali, e, da pur sempre grande statista, affrontò la folla inferocita senza armi, e con la sua oratoria senza pari riusci a far tornare tutti a casa e lui stesso non andò via fino a che l'ultimo abanero non fu rientrato. Cito l'ultima frase del libro... "Respirai solo quando dal finestrino vidi L'Avana inclinarsi sotto di me. Ridendo e piangendo, pieno di disgusto e amore, le dissi addio. Temevo che fosse per sempre, ma ero pronto ad accettarlo."

 

H: Si conclude qui la chiacchierata con Niki, la bottiglia di rum è finita, magari la prossima la apriamo nel mio giardino per non far arrabbiare Cristina, è stato piacevole scambiare due chiacchiere con un turista per caso che ha dimostrato di saper trarre, dai viaggi, tutte le opportunità (moglie compresa) che attenzione, buona disposizione emozionale e rispetto per gli altri, consentono. 

NJ: Vorrei aggiungere che quando si riesce ad apprezzare la propria ombra e soprattutto il suolo dove si proietta, tutto può diventare possibile e, come diceva il paggio al suo signore dopo un lungo viaggio, finalmente scollinando sulla città di destinazione: "Da qui messere si domina la valle, ciò che si vede è".

La fam. Pirulì ringrazia di cuore... (sai la cocciutaggine abruzzese vuole sempre l'ultima parola... Scherzo...)

 H: Anch’io:-) Hasta luego y seguimos en el contacto.

 

 

 

 

MACUMBA

 

Partiti dall'Avana, presto la mattina, io, la mia lei, mia figlia (tre mesi), la sorella di mia moglie, il figlio della sorella di mia moglie, il primo figlio di mia moglie e la SANTA BARBARA, la statua di Santa Barbara in porcellana, il doppio più grande di mia filia. Sette persone, diciamo, più valigioni, il tutto in una pegeaut 106, si ma si và ad incontrare il santo...

Viaggio Avana-Pilon de Granma, circa 900 km, tranquillo, siamo arrivati prima che facesse buio dunque siamo arrivati, tra sfumigamenti vari, soste forzate per la battaglia al moscquito che porta il denghe.

Pilon è una cittadina tranquilla, attorniata da campi in pianura ben coltivati, da un mare stupendo non ancora colonizzato dall'industria turistica ed attorniata dalla Sierra Mastra e dal Pico Turquino.

La Santa Barbara, avvolta in un asciugamano, davanti al sedile del passeggero anteriore, sembrava non avere grandi necessità, anzi viaggiava tranquilla ed alle soste non pretendeva rinfreschi, come tutti gli altri.

L'appuntamento con la santera era per il giorno seguente, su per la loma, la collina quasi montagna, quasi Sierra Maestra, il tempo di riposare scaricare e poi ricaricare.

Si parte, stavolta io, la mia lei, mia figlia, l'altra sorella di mia moglie, il figlio della sorella di mia moglie, il figlio della sorella di mia moglie che era scesa con noi dall'Avana, la mamma di mia moglie (una bella stazza), una signora di Pilon che veniva anche lei, una key, immensa torta di meringhe che da sola occupava tutto lo spazio posteriore, passeggino e pacco viveri per la cermonia e per il santo, e naturalmente la Santa Barbara incappucciata.

La strada prima non sembrava essere tanto ardua, ma dopo un pò la pegeaut incominciava a dare batteo, a protestare, fino a che si trovò davanti ad un'enorme voragine con un rio che passava al di sotto. Niente preoccupazione si passa da qui, e non sò come ne siamo usciti con tanta tranquillità, ma essendo in missione per conto di un santo non mi sono meravigliato più di tanto.

Arrivati vicino alla capanna dove si doveva svolgere il rito mi comunicano che eravamo in anticipo, accidenti, che stavano ancora pulendo dentro, che era ancora presto. Bene, faccio due passi in collina (?!?), montagna, con una vegetazione mai vista dai miei occhi prima. Salgo ancora un pò, per la strada che era diventata mulattiera, guardando agni tanto quelle capanne vive e con gente, animali da cortile, e trattori e vacche da lavoro, sommerse da tanta giungla.

Mi estranea un pò un quella realtà, ma che caldo anche quassù, quando sento chiamarmi e dei rumori che arrivano da sotto: la cermonia è incominciata...

Nel lasso di tempo trascorso era arrivata una quantità di gente e ragazzini, la capanna traballava, quasi 50 persone stipate dentro, a lessare, e rumba, tanta, forte, da appena una sola conga e una zappa di ferro percossa con uno scalpello. Non credevo che bastasse così poco per fare tanta musica. E poi canti, in coro, solisti a chiamare tutti i santi del calendario...

 

L'INIZIO

La santera, parente di mia moglie, quindi anche mia (eh! eh!), inizia il suo sermone chiedendo innanzitutto che ha mal di testa, perché certamente chi ha mal di testa non può restare, sarebbe penso un cattivo approccio, forse. Poi prosegue chiedendo chi avesse paura ed in questo caso il consiglio esplicito è di compresi un cane, quindi se non bastasse di comprarsi un cavallo che è ben più grande. Prosegue strillando come un ossesso che le cose buone si tengono e le cose cattive si buttano,sparando a destra e sinistra strani intrugli di zucchero, fogliame, terra e chissà che altro. Ancora la cosa rotta si ripara e se non si ripara si butta, bè questa mi è sembrata facile, anche se non ci si pensa mai...

La temperatura dentro arrivava al grado di fusione nucleare e anche se avevo conquistato il posto forse più fresco, stavo esalando l'ultimo respiro, dopo aver buttato via, epidermicamente, tutta la riserva di Bucanero che avevo accumulato nell'ultima settimana... ESCO!!!

Lascio moglie, congnate, parenti tutti e figlioletta al loro destino, vado fuori.

Tutti questi santi portati lì, sull'altarino, guardavano con aria spensierata, quasi felice, la gente e tutte quelle offerte dolci e salate, alcoliche e non che davano sfoggio lì davanti. Tra un sermone e l'altro, una richiesta e l'altra, uscivano balla bocca della santera suoni gutturali, come di feroci animali ed insieme ai suoi occhi girati sul bianco davano una sensazione non certo piacevole, specie per me, e non mi tranquillizzavano neanche le facce tranquille della gente fuori, dei musicisti, 2, ormai quasi nudi in attesa del prossimo canto, e tutti quei ragazzini in attesa della fine della cermonia per dar manbassa alle offerte. MA CHE IL SANTO SIA CON TE:

E certo doveva essere una cermonia importante, tutta quella gente, tutti gli orixà chimati, tutti quei piccoli, diremmo noi, da battezzare, tutte quelle donne danzanti in preda a raptus frenetici, tutto quel caos in 20 metri quadri, tutto quel caldo..

Stavo fuori con la gente che stava fuori, acqua tanta da bere, calda purtroppo, fino a che qualche santo non ha chiamato, ed è arrivato un contadino dal basso con sulle spalle un bel grosso pezzo di ghiaccio, che scongelandosi, creava una gra quantità di stupenda acqua fredda, per tutti e molta per me...

Stava arrivando, dopo due, tre, quattro ore di questa cosa, il culmine della cermonia. Intanto tutti sono taccati dalla santera che imponeva le mani e bisognava fare un giro su se stessi mimando con le mani il lancio delle cose brutte dietro la schiena, come non farlo. Poi il vino dolce per gli uomini in un bicchghierino piccolo piccolo che bisognava passarsi, dove bagnare leggermente le labbra per dar modo a tutti di assaporare quel nettare. Il tipo che continuava a guardarmi in cagnesco dovette accettare da me il bicchiere e questo forse lo calmò un poco...

Ora tutti i binbi stavano in centro, mia figlia in braccio alla mamma che riceveva personalmente il santo, e rideva, sì rideva, dopo tutte quelle ore in quell'inferno, con un drappo rosso sulla testa riceveva il santo insieme allo zucchero, al profumo, all'acqua benedetta spruzzata con un rametto di erba profumata, ai confetti alle caramenlle sparate in aria, al trambusto che seguiva ogni acclamazione della santera. Li chiamò tutto i santi per quei bimbi, e per una protezione intercontinentale, penso che trovò qualche orixà in esilio che ci coprisse anche in Italia.

Poi parlò a quattrocchi con la abuela, la nonna della bimba, mia suocera, che le stava sempre accanto durante la funzione e le faceva da chierichetto, indicando il cielo indicando Linda, mia figlia, con occhi terribili diceva frasi incomprensibili ed ammonimenti preoccupanti, ma guardando la faccia tranquilla di mia suocera penso che non dovessero essere predizioni cattive, forse l'allontanamento di qualche mala suerte.

Ora il banchetto era aperto, coi panini, i pezzi di key, i rinfreschi vari e tutti si scoprirono affamati, molto affamati, quasi sul punto di una rissa per quei pezzetti di pane, tranne me ormai gonfio d'acqua, stordito dal caldo e dalla disperazione di non potermi muovere, dalla mancanza forse di una Bucanero che mi tirasse sù!

C'era da tornare indietro, ripristinare il prezioso carico, con la Santa Barbara sempre lì davanti incappucciata dall'asciugamano e mi sembra più felice e rilassata di prima. Aveva ricaricato i suoi poteri con l'incontro col santo, con quella cermonia sarebbe stata bene almeno te o quattro anni buoni, lassù, lontano, all'Avana.

Due giorni dopo, ricarichiamo l'auto per ripartire da Pilon, baci e abbracci, arrivederci e lacrime. Un pò di ritardo, e si ci stavano aspettando lungo la strada con la sorella che doveva venire con noi all'Avana, e ci aspettavano da tempo. Lì in quell'incrocio che portava in montagna, i suoi tre cavalli legati all'ombra di un albero e loro seduti in cerchio ad aspettare. Aveva chiesta due macete, uno per me ed uno per un mio amico, loro li avevano portati ma poi caricando un enorme sacco di carne di capra, già mezza avariata, in verità, ce ne siamo scordati. E ripartiamo per i tornanti della Sierra prima di trovare la benedetta Carrettera Central.

Stavolta il viaggio è stato più lento, e tra fumigazioni, qualche incidente per strada, le varie fermate, non siamo riusciti ad arrivare in tempo per deviare per Matanzas dove volevo salutare un amico. Si era fatto già scuro e di notte non è piacevole viaggiare, tanto più che mancano 200 km per l'Avana, e con tutto il carico addormentato forse solo la Santa Barbara mi vegliava alla guida. E quel muretto sull'autostrada prima di uscire per il porto dell'Avana non l'avevo proprio visto....

SANTA BARBARA VENDITA!!!!

 

 

LA VUELTA DE CUBA

Da premettere che di giri d'italia ne ho visto dal vivo almeno una trentina, perchè abitavo in un tratto di strada dove il giro passava quasi ogni anno, ma quella di Cuba, no mai prima.

Ero riuscito con mia moglie a regalarci due giorni liberi, dopo aver sistemato i figli e i cugini dalla nonna. Un giretto per Santiago, Guantanamo e Baracoa. Già la strada scelta per arrivare a Santiago da Pilon ci ha riservato sorprese non gradite. La conoscevo dagli anni precedenti, sapevo che era brutta ma non sapevo che ci aveva passato anche Dean, l'ultimo ciclone, che la ha completamente devastata. Con molta buona sorte e dopo 5 ore sono riuscito a coprire i 130 km per Santiago. Qui al primo cimex della città mi fermo per rinfrescarmi e già un tipo mi aveva procurato la casa per la sera ma la mia lei aveva pensato diversamente, voleva raggiungere prima Baracoa e poi tornare a Santiago. Il ragazzo mi informa che l'indomani la strada per Guanabo resterà chiusa dalla mattina per la vuelta, quindi partiamo subito, direzione Guanabo città, una delusione cocente, la natura lì intorno deve essere bellissima ma la città non merita la sosta. Quindi per Baracoa che raggiungiamo all'imbrunire. Dopo quell'interminabile, ripida discesa, che ricorda le nostre montagne arriviamo al primo cupet della città dove puntualmente arriva il tipo che ti trova la casa. Questo era gentile e parlava un italiano dall'accento perfetto. Ci scorta in bici a casa dell'amico che ci propone la cena a casa e siccome ha accennato ad una zuppa di vegetali, taglio corto ed accetto. Mentre mia moglie si ripristina nel bagno, esco con il ragazzo e gli offro un pacchetto di sigarette e una birra per farmi compagnia. Parliamo un pò di tutto e dal malecon mi indica lo stadio dove stanno tutti i ciclisti, si perchè la vuelta parte l'indomani da qui, accidenti...

Il giorno dopo appena fatta una breve ma interessante visita al centro decidiamo di partire prima che la corsa abbia inizio, ma accidenti il polizziotto all'incrocio ci ferma e ci dice che la strada è già chiusa e che basta aspettare un oretta per ripartire, si ma ripartire dietro ai ciclisti e pensare a quella salita micidiale di 30 40 km, e pensare di farla alla velocità dei ciclisti mi viene la pelle d'oca..

Ci fermiamo al piccolo malecon aspettando il passaggio dei ciclisti, che strano vedere tanti ciclisti di colore!!

Bene si parte, mi ero attardato un pò, vedo arrivare un'ammiraglia che strombazza e abbaglia coi fari, và a folle velocità tra tutta quella folla per strada, la faccio passare e mi metto dietro alla stessa velocità folle. Oramai faccio parte del giro, dell'organizzazione, l'ultima pegeout del gruppo, quasi tutte le macchine erano uguali alla mia.

Quindi via a salutare tutti i bambini delle scuole che incontravamo, tutti i drappelli di campesinos che aspettavano sulla strada. Certo la velocità non era da crociera, ma la strada era chiusa quindi destra sinistra come volevi, e qualche volta mi fermavo a prendere una birra e dopo 5 minuti ero di nuovo al mio posto, alla fine della carovana. Loro si fermano a Guantanamo per la prima tappa, noi proseguiamo per Santiago. Bella visita alla città, casa un pò sporchina, cena stupenda ed economica in un albergo nel pieno centro. La mattina di buon ora partiamo cercando la strada alternativa per tornare a casa, riprendiamo l'autopista la stessa ma ci assale il dubbio, sarà la direzione giusta.... OK torniamo indietro e verifichiamo, così facciamo pure benzina.

Ma che!!?? le strade del centro sono chiuse, c'è un ingorgo pazzesco, tutti bloccati. Azz, la vuelta, fa tappa qui oggi. Troviamo informazioni e benzina e riusciamo ad uscire dalla città molto faticosamente ritrovandoci sulla stessa auostrada, c'è solo quella come ti puoi sbagliare idiota. Ma che... al punto di controllo qualche macchina ferma, ma che è... fermano anche noi e poi tutti gli altri.. e noooo... la vuleta stà gia arrivando per l'opposto senso, ma cristo sono 5 corsie per parte divise dall'aiuola a che serve tutta questa srada per una cinquantina di cilisti, ma sai com'è qui, tutto diventa un evento eccezzionale, e quindi fermi insieme a camionisti famigliole e qualche turista..

Penso che un'oretta tra le prime macchine e le ultime sia passata, insieme alle battute dei camionisti rivolte ai ciclisti rimasti indietro, ma si riparte. Sembrava la partenza di una di quelle corse pazze dei film americani, tutti via con la massima accellerazione, lada, moscovick, ford, scevrolet, camion immensi e paurosamente potenti ed io con la mia pegeuottina, indubbiamente il più veloce del gruppo. li stacco e me ne vò!!

La conclusione è che tornati all'Avana, una decina di giorni dopo, camminando sulla rampa della 23, ad un certo punto sento i fischi impazziti della polizia orientale, poi due caballito, due poliziotti in moto con le bandierine che conoscevo...NAAA la vuelta de cuba è arrivata al traguardo. Compro la birra al bar e mi appresto a scolarmela al bordo dello stradone, come diceva il buon Paolo Conte, scalpitando sui miei sandali!!!