NGEL SANTIESTEBAN-PRATS.
da: https://nuovacuba.wordpress.com/

- la vicenda Santiesteban-Prats -
traduzione/adattamento e riduzione a cura di Yordan Fuentes De Arnaiz della redazione di Nuovacuba
La generazione dei figli che nessuno ha voluto è sempre stata associata con la morte. Dall’istante in cui ti affacci per la prima volta alla scuola primaria, ti annunciano una possibile aggressione dell’imperialismo yankee, ti mostrano foto e filmati di attacchi aerei, d’infiltrazioni nemiche, di sbarchi navali, esplosioni e spionaggio. Frequenti le lezioni di addestramento militare, ti è insegnato a marciare, a sopravvivere in situazioni difficili. Ti fanno eseguire delle pratiche di evacuazione e, quando suonano le sirene, corri come se le bombe o l’attacco chimico fosse un fatto. Entri nei rifugi scavati sotto tutta la città e l’umidità di questi buchi, ti provoca mancanza di respiro. Ti adatti a pensare che in qualsiasi momento ti cadrà una bomba sulla testa o un balcone dei vecchi palazzi della città. E, com’è così difficile vivere in uno stato d’allerta e restare preoccupati per qualcosa che non sembra mai avvenire, ti abitui e non pensi nemmeno al pericolo. Impari a convivere con esso ogni giorno e, alla fine, lo si ignora, anche se il rischio non sempre ignora te.
Per un cubano, la visita della morte arriva per la prima volta a diciassette anni, con il servizio militare. Anni fa potevi scegliere una missione internazionalista* e così poter diminuire il tempo di permanenza nell’esercito, e la tua famiglia s’inorgogliva di avere un parente in qualche guerra lontana a difendere l’ideale che la Rivoluzione aveva tracciato, e quindi, di ricevere per questo alcuni benefici e considerazioni. Poi tornavi da ingannare la morte nelle tue battaglie in Africa, e trovavi una generazione assorta nel nulla, una quotidianità ripetuta in mille pezzi. Un futuro indefinito. E come un’ossessione, la morte era seduta davanti alle porte delle case. Dopo sopravvivere diversi mesi in questa litania, sei giunto alla conclusione che non vi era alcuna scelta che emigrare. E se a tutto questo i sommi che andarsene potrebbe significare salvarsi la pelle. Che la possibile guerra – civile o contro gli Yankees, vinca chi vinca –, non ti sorprenderà in questa isola, dove non si ha dove correre ai ripari.
Così, come non raggiunge la determinazione che l’unica via possibile è il mare.
Ángel Santiesteban-Prats
*Si fa riferimento all’ideale socialista d’impedire la ricolonizzazione e aiutare, attraverso la lotta armata, alla liberazione dei popoli. Uno degli esempi più indicativi fu l’operazione Carlota che portava cubani a combattere in suolo angolano, durò circa quindici anni e mezzo, da novembre 1975 al 25 maggio 1991.





































Escozul è il nome di uno scorpione, tipico di Cuba, il cui veleno blu è utilizzato a scopo terapeutico, in particolar modo per le sue proprietà analgesiche, antinfiammatorie e, questa l’ultima frontiera della sperimentazione in atto, anche antitumorali. A stimolazione lo scorpione rilascia questa sostanza, non subisce alcuna tortura da cavia e non viene ucciso, per buona pace degli ambientalisti.
Nella storia di Cuba, isola della salute, la medicina è forse la vera e unica religione del paese. Non soltanto nella garanzia di un diritto di cura accessibile per tutti, ma nell’assoluta considerazione e rigore e protezione con cui i medici sono trattati dal governo.
In Italia il dibattito sull’escozul è iniziato con maggior clamore dopo un servizio giornalistico delle Iene, andato in onda nel 2010 e nel 2012 è iniziata un’indagine conoscitiva sulla variante omeopatica Escozul da parte della Commissione sanità del Senato. Istituto Superiore di Sanità e Società di Farmacologia sono al lavoro per raccogliere dati scientifici, ma non esistono ancora pubblicazioni incontrovertibili in tal senso.
Zurighese bloccata da 128 giorni sull'isola: "Sono disperata, voglio tornare a casa"
YOANI SANCHEZ,
WENDY GUERRA
di Yoani Sánchez












Alcuni siedono alle nostre spalle e parlano francese, mentre nei seggi accanto due brasiliani si scambiano idee. Un poco oltre alcuni attivisti bielorussi dialogano con i colleghi spagnoli, anche loro ospiti dello Stoccolma Internet Forum (https://www.stockholminternetforum.se/). Un evento che dallo scorso 21 maggio ha riunito nella capitale svedese persone interessate a strumenti digitali, reti sociali e cyberspazio. Una vera e propria Torre di Babele dove comunichiamo con la lingua sincera della tecnologia. In questi giorni il villaggio globale e virtuale è racchiuso in una vecchia fabbrica in riva al mare. E in mezzo a una ridda di analisi e aneddoti, ci sono anche sei cubani disposti a raccontare il loro lavoro di cyber attivisti.






























