IL PRESIDENTE Raúl Castro parla di dialogo con gli Usa senza precondizioni. La figlia, Mariela, non troppo tempo fa, ha dichiarato che, se potesse, voterebbe Obama. Il nuovo corso di Cuba parte da qui. Un’apertura verso l’Occidente, a partire dal ripristino della proprietà privata, che sembra imboccare una seria strada verso il rinnovamento. Ma oltre ai proclami, bisogna atterrare all’Avana per capire che la situazione è un po’ più complessa. Le Cadillac anni Sessanta colorano le strade della capitale, mentre resta quel contrasto ruvido di sorrisi e mura scrostate. Tra donne alla finestra e uomini seduti all’aperto che giocano a domino, l’atmosfera dell’Habana vieja sembra intatta al passare del tempo.
Alla Bodeguita del Medio pare di rivedere il grande scrittore Ernest Hemingway.
«Un mojito alla Bodeguita, un daiquiri al Floridita», scriveva nel periodo in cui Cuba era diventata la sua seconda casa, mentre nella Plaza de la Revolución l’immagine gigantesca di Che Guevara scruta fieramente ogni angolo e sembra di essere rimasti fermi lì: al mito. Peccato che, accanto, la Ferìa de la Artesanìa riduce tutto al mero marketing. E l’eroe cubano finisce in ogni genere di paccottiglia turistica senz’anima. Qui, una ragazza, mentre tenta di vendere uno dei suoi gadget, esibisce il suo nuovo telefonino (ormai da qualche anno non più al bando con computer e altri oggetti tecnologici), altro simbolo che qualcosa sia già cambiato. Un dato di fatto è che i russi sono tornati a Cuba per turismo con i nuovi ricchi di Mosca e San Pietroburgo che affollano i ristoranti dell’Avana. «Ne arrivano così tanti che abbiamo scritto il menu in cirillico», spiega un ristoratore. Ennesima svolta, visto che, dopo il crollo dell’Unione Sovietica insieme agli aiuti economici, se n’erano andate anche le persone…
YOANI SÁNCHEZ, la famosa blogger anti-regime cubana, descrive il nuovo corso con una metafora, raccontando la «Mesa Redonda», il programma tv con il discorso politico ufficiale ridotto a mezz’ora e visibilmente modificato anche nella scenografia: «Possono vestirla di nuovo, ma Mesa Redonda resta». Così come il tassista Ernesto che, sintetizza, lapidario: «Il comunismo è una cosa buena, ma nella realidad…». Non finisce la frase e scuote la testa, mentre Aramis, campione di atletica leggera che vive da cinque anni in Italia, ricorda: «A Cuba siamo stati bene fino al 1990 poi stare qui è diventato sempre più difficile».