Bufera su Ikea. Dopo le accuse di avere impiegato dei prigionieri cubani negli anni Ottanta per costruire i suoi mobili, adesso una nuova tegola cade sulla testa del colosso svedese dell’arredamento. Un ex prigioniero politico della Germania dell’Est ha denunciato di essere stato costretto ai lavori forzati per Ikea durante la sua detenzione.
Adesso la storia passa nelle mani dei giudici ed Ikea rischia grosso, soprattutto in termini di immagine. Secondo le accuse, durante gli anni Ottanta il popolare mobilificio low-cost svedese ha siglato accordi con le autorità cubane e con la Stasi (i servizi segreti della DDR), per utilizzare prigionieri politici nelle sue fabbriche. Questo genere di “politica aziendale” in realtà sarebbe stata adottata sin dagli anni Settanta, ma solo nel 1987 viene formalizzata con un accordo scritto, di cui è rimasta traccia negli archivi della Stasi.
Tramite i “buoni uffici” della Germania dell’Est, le prigioni di Cuba hanno aperto le porte al mobilificio fondato nel 1943 da Ingvar Kamprad, dopo aver ricevuto il lasciapassare da parte del ministro degli interni dell’Avana. Secondo il documento, i siti di produzione Ikea vennero “incorporati nelle aree delle prigioni” che lo permettevano. In base al contratto del 1987, riportato dal quotidiano tedescoFrankfurter Allgemeine Zeitung, Cuba si è impegnata a produrre 35mila tavoli da cucina, 10milatavolini per bambini e 4mila armadi.
E fin qui, Cuba. Ma un’altra denuncia adesso arriva dalla Germania, dove Dirk Maschke, ex detenuto nel carcere di Berlino est nel 1987, ha raccontato allo Spiegel di essere stato costretto ai lavori forzati per Ikea dagli agenti della Stasi e che, durante i turni di lavoro massacranti, i detenuti venivano sottoposti ad ogni genere di angheria da parte dei loro aguzzini, incluse percosse e violenze. Tanto che ancora oggi, dopo 25 anni, Maschke soffre di stress post-traumatico e si tiene ben lontano da tutto ciò che gli ricordi quella drammatica esperienza.
Addetto alle cerniere per gli armadi. Questo era il compito del detenuto tedesco, arrestato e condannato a 19 anni di carcere con l’accusa di avere “causato danni alle istituzioni dello Stato con la sua attività”. Insomma, Maschke, che allora aveva 22 anni, aveva cercato più volte di raggiungere l’altra metà della sua famiglia, che viveva a Berlino ovest.
La reazione di Ikea è stata immediata, soprattutto in seguito al polverone sollevato dalla telvisione svedese. I vertici del colosso di Kamprad hanno dichiarato di avere aperto un’inchiesta interna, per verificare se le loro informazioni coincidono con i documenti della Stasi. Un portavoce dell’azienda ha fatto sapere che Ikea “condanna l’utilizzo dei prigionieri politici” nelle sue fabbriche, e lo fa in modo netto e trasparente. L’azienda ha preso la faccenda molto seriamente, nonostante abbia negato l’utilizzo di lavoratori che scontavano una pena nelle carceri della Germania orientale e di Cuba.
Ma, bisogna dire che Ikea non è nuova a questo genere di tempeste. L’anno scorso, Ingvar Kamprad fu accusato di essere stato un membro dello Svensk Socialistisk Samling (SSS), il successore del partito nazista svedese. All’epoca Kamprad aveva 17 anni e le sue simpatie per i nazisti risultano da diverse lettere e testimonianze scritte. L’imperatore del mobile fai-da-te decise allora di mettere tutto a tacere, portando a 1 miliardo di dollari l’anno i fondi distribuiti da Ikea a varie organizzazioni umanitarie che curano progetti in Africa. Adesso, come si scuserà con i prigionieri cubani e con quelli della DDR?
SCANDALO
Stasi, mobili Ikea anche dai detenuti di Cuba
Dagli atti sui lavoratori forzati della Ddr risultano accordi con l'Avana.
di Barbara Ciolli
Non solo commesse per il lavori forzati nella Ddr, ma a Cuba. Secondo un'inchiesta del quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, negli Anni '80 il colosso Ikea avrebbe commissionato la costruzione di mobili anche a detenuti nelle carceri di Fidel Castro.
Gli accordi tra il lider maximo e l'azienda svedese sarebbero stati raggiunti nel settembre 1987 da una delegazione delle società Arte e commercio antiquario (Kua) e Delta export import della Repubblica democratica tedesca
Lo scandalo sui presunti legami commerciali tra la multinazionale fondata da Ingvar Kamprad e i centri di detenzione con lavoratori forzati - dei quali i vertici attuali hanno finora dichiarato di non essere a conoscenza -, dunque, si allarga Oltreoceano.
La delegazione all'Avana e le forniture per Ikea Berlin. Con la mediazione della Ddr
Le informazioni delle quali è entrata in possesso la Faz sono molto dettagliate.
Secondo la ricostruzione del giornale, il 17 settembre 1987 un gruppo di esperti della Ddr sarebbe arrivato all'Avana, per discutere, il giorno seguente, dell'affare Ikea con il ministro dell'Interno cubano.
Da alcuni atti sul commercio estero della Repubblica democratica tedesca, risulterebbe inoltre che, tra gli interlocutori della delegazione all'Avana, c'era il tenente colonnello Enrique Sanchez, a capo dell'azienda Emiat.
La società cubana si occupava di arredamento e gestione delle residenze per le ferie e per gli ospiti dei leader comunisti dell'isola. E le sue fabbriche, sempre secondo i vecchi archivi della Ddr, si sarebbero trovate all'interno delle carceri del ministero dell'Interno.
OLTRE 50 MILA MOBILI. Un mese dopo la visita all'Avana, a Berlino est sarebbe stato sottoscritto un contratto tra il governo cubano e Ikea Trading Berlin, la succursale dell'azienda nella Germania dell'Est che, allora, aveva sede nel Centro internazionale del commercio della Berliner Friedrichstraße.
In aggiunta a una fornitura di 3-4 mila mobili Falkenberg, la commessa cubana avrebbe incluso 10 mila tavoli per bambini e 35 mila tavoli da pranzo. La prima spedizione, tuttavia, sarebbe stata rispedita indietro, perché non conforme alle norme di qualità svedesi.
Gli atti della Stasi sui rapporti tra Ikea e le prigioni della Ddr e a Cuba
Ingvar Kamprad fondatore e proprietario di Ikea.
In passato l'86enne Kamprad, patron dell'Ikea, era stato criticato per le sue simpatie filo-naziste, definite poi da lui stesso «un peccato di gioventù».
In Svezia, la notizia dei contratti di fornitura con i campi di lavoro della Ddr è stata divulgata questo aprile, durante il programma di inchiesta Uppdrag Granskning, della televisione svedese Svt.
Per informarsi, i reporter hanno raccontato di aver consultato gli archivi della Stasi. Ai quali, tra l'altro, in Germania avevano già attinto altri giornalisti, per documentare i rapporti compromettenti tra la multinazionale del mobile e la Repubblica democratica tedesca. Nel 2011, in particolare, l'emittente tedesca Wdr diffuse un documentario sull'argomento.
IKEA CHIEDE IL MATERIALE STASI. Allora una portavoce dell’azienda svedese preferì non commentare le rivelazioni, limitandosi a sottolineare come le pratiche commerciali fossero cambiate negli ultimi 25 anni. Con il nuovo polverone, l'attuale dirigenza ha comunicato di aver chiesto l'acquisizione di materiale dagli ex archivi della Ddr, per approfondire la vicenda.