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Cubareale - Niki

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Proibizioni

07.03.2013 16:22

 

 

Yoani Sancez

Cosa c’è di diverso? Gli odori e la temperatura, penso in un primo momento. In seconda battuta vengono i rumori che sono così peculiari in ogni luogo, il grigiore del cielo in inverno, il colore oscuro delle acque di un fiume che attraversa una parte d’Europa. Ma qual è la vera novità? Continuo a chiedermi mentre gusto un sapore sconosciuto e stringo per la prima volta una mano. Forse la musica, il rumore del tram mentre si arresta alla fermata, la neve che si ammucchia ai lati del marciapiede, i fiori di primavera che lottano per uscire fuori anche se sono attesi da una terribile gelata. Dove sento qualcosa di strano? Nelle campane delle Chiese che sembrano gareggiare per suonare puntuali a ogni ora, o in certe case così antiche da far sembrare recenti le costruzioni dell’Avana vecchia? 

Per me la vera novità non sta nel gran numero di auto moderne o nel segnale wifi che mi permette quasi ovunque di collegarmi a Internet. Neppure nei chioschi pieni di periodici, negli scaffali dei negozi ricolmi di prodotti o nel cane che in mezzo al corridoio della metropolitana viene trattato da signore e sembra il vero padrone della situazione. La cosa strana non è l’amabilità dei dipendenti, la quasi assenza di code, le gronde fatte di artigli e denti affilati che sporgono dalle facciate o il vino fumante che si beve più per scaldare il corpo che per soddisfare il palato. Nessuna di queste sensazioni nuove o quasi dimenticate da un decennio trascorso senza viaggiare, sono quelle che segnano la differenza tra l’Isola che adesso vedo da lontano e i paesi che sto visitando. 

Il contrasto principale sta nelle cose permesse e in quelle vietate. Da quando sono scesa dal primo aereo sto aspettando che mi rimproverino, che qualcuno si presenti per intimare: “questo non si può fare”. Cerco con lo sguardo il custode che verrà a dirmi: “non è consentito scattare foto”, il poliziotto dal volto ombroso che mi griderà: “cittadina, mi dia i documentii!”, il funzionario che in qualche corridoio mi taglierà la strada per affermare: “qui non si può entrare”. Nonostante tutto non incontro nessuno di questi personaggi così comuni a Cuba. Ecco perchè per me la grande diversità non sono i deliziosi pani di segale, la perduta carne di manzo che finalmente rivedo nel piatto o il suono di un’altra lingua nei miei orecchi. No. La grande diversità è che non sento in ogni istante sopra di me il segnale rosso del vietato, il fischio che mi sorprende in qualcosa di clandestino, la costante sensazione che qualunque cosa faccia o pensi potrebbe essere proibita. 

Traduzione di Gordiano Lupi