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Cubareale - Niki

E-mail: seriomario@hotmail.com

Cuba Bella. IL viaggio di Carlo Pancera

 

Cuba bella,  - prefazione:

 

da:   https://viaggiareperculture.blogspot.it/

 

alle pagine dell'archivio di maggio . https://viaggiareperculture.blogspot.it/2012_05_01_archive.html

 

 

La preparazione al viaggio era stata basata sulle letture che ho indicate in Postfazione nella mia bibliografia, sulla visione dei siti, e sulla visione di film in streaming.

in ordine: Ho guardato un sacco di siti sui viaggi, tipo  Viaggiatori.net, Ci piace viaggiare (di Alessandra e Marco), Trip it easy (di Francesco), robertoburacchini.blogspot.it, Turisti-per-caso, Lovely Cuba, Viaja por Cuba, Cuba-individual.com, ...ecc...e tanti altri che ho elencato in fondo nella postfazione.

Per questa fase pre-viaggio devo innanzitutto ringraziare Michele Spiriticchio di "ViaggiareLiberi" (www.viaggiareliberi.it/Cuba.html) e non solo per le info contenute nel suo blog e per tutti i numerosi diari di viaggio (oltre al suo) che ho letto con grande profitto sul suo sito, ma anche perché mi ha messo in contatto con Niki, l' "italocubano" (vedi https://cubareale.webnote.it) grazie a cui ho combinato per l'alloggio in alcune case private, e per avermi messo in contatto anche con Patty di Rimini, che è stata fonte di preziose informazioni, e con cui ho intessuto uno scambio fitto di mail che ci ha fatti divenire pen-friends, sulla base di una certa comune "cubanite".

Poi per menzionare altri "contagiati dalla cubanite", devo ringraziare moltissimo Maria Giulia Alemanno per le straordinarie ammalianti immagini di ispirazione cubana da lei dipinte, nonché per avermi messo a contatto con Alberto Granado, con Andres e altre preziose persone, con la quale pure abbiamo fatto amicizia a distanza. E Alessandra Riccio (condirettrice con Gianni Minà della rivista "LatinoAmerica") che pure mi ha dato indicazioni e di cui ho letto con grande interesse e piacere i suoi "Racconti di Cuba". E Alessandra Ciattini, che mi ha elargito numeri di telefono di interessanti personaggi.

Tra quanti non ho "conosciuto" direttamente ringrazio:  Irina Bajini per il suo libro sugli Orisha. Davide Barilli (che mi ha consigliato Niki) per le sue affascinanti "Carte d'Avana" e per altri suoi testi narrativi. Danilo Manera per il suo "A Cuba" e per le sue raccolte di autori di narrativa.

Importanti sono stati i numerosi diari di viaggio, che sono molti e non potrei citarli tutti (e si trovano nei siti di viaggi cit. sopra), ma oltre a quello di Michele S., menzionerei almeno quello di Roby (https://gabyenviajecuba.blogspot.it/).

Devo molto ai vari film che ho visto tramite siti cubani (nonostante la morte di Megavideo non è del tutto vero che sia finita l'era della visione in streaming). E infine ringrazio gli autori di libri, studi, romanzi, racconti... che ho letto in queste settimane. E le recenti trasmissioni tv su Cuba di Philippe Daverio. Ma anche i vari blogueros  (delle varie posizioni) che mi hanno permesso di vedere sotto una nuova luce frammenti, spezzoni di vita vissuta (li ho trovati tramite twitter). Mi è servito pure ascoltare in streaming le radio cubane e vedere le trasmissioni televisive satellitari.

E anche mi ha stimolato il fatto di seguire da vicino la fondazione di www.ilmilionedivie.com

Infine ringrazio l'amica farmacista Lorenza Pasquali che mi ha dato prodotti da banco da regalare, e soprattutto a una mia richiesta mi ha passato vari regalini da portare ai bambini..

 

Lunedì 9 aprile 

Allora andiamo un po' a vedere questa isola caraibica che mostra di avere una complessità (come d'altronde quasi tutte le altre isole dei caraibi) e una serie di contraddizioni di primo rango... In più ora si aggiunge il fatto che le recenti riforme in senso capitalistico (la "vera" libera concorrenza...) "sono viste come l'unica soluzione per salvaguardare gli ideali del socialismo" ....  (come commenta la Rough Guide edita in it. da Vallardi). 

 

Abbiamo preferito dormire vicino all'aereoporto a Villafranca (nel B&B più economico a 60€, e ceniamo in pizzeria per 50€ in tre). Partiamo al mattino col volo della Air Italydiretto da Verona all'Avana (I9 626), pagato 647 € a testa a/r tutto compreso (in più come sapete si deve fare un visto e una assicurazione sanitaria). 

Nell'aereo ci sono diversi cubani e cubane in viaggio di ritorno dall'estero con borsoni di acquisti (la comunità cubana in Italia è abbastanza folta soprattutto nel centro-sud). Ghila dice che le pare di avere riconosciuto Milton tra i passeggeri. Una gran parte dei passeggeri italiani sono uomini soli un po' anziani, gli altri sono coppie di quarant'enni. 

L'aereo parte in ritardo, e non è certo un nuovo modello anzi, i film per l'intrattenimento durante il lungo volo sono proiettati ancora su schermi che si abbassano dal soffitto ogni due-tre file, e si può vedere un solo programma. Oltretutto non c'è quasi sonoro, per cui guardiamo dei film "muti". L'aereo è di quelli economici certo, ma dovrebbe essere pur sempre un volo con standard europei... ma è un po' malmesso, quindi incominciamo già sin d'ora ad assaggiare quell'atmosfera che sa un po' di vecchiotto, mal funzionante e approssimativo, come ce la aspettavamo da Cuba, ma a Cuba ancora non ci siamo, anche se già la si respira nell'aria (condizionata) dell'apparecchio.

Arriviamo un po' in ritardo rispetto all'orario delle 16 e 40 del pomeriggio, ora di Cuba. Ci sono sei ore di differenza di fuso orario (anche qui c'è l'ora legale) che non sono poche, anzi bastano a invertire sonno e veglia.
 

C'è René che ci aspetta da un po', e ci accoglie molto amichevolmente. Ci impresta la sua tarjeta telefònica per il cellulare, e dovremo solo fare la ricarica della scheda. Cambiamo subito i soldi in valuta cubana convertibile, i cosiddetti cuc (ma un po' anche inpesos - moneta nazionale).

Qui è estate piena! è agosto! e noi siamo vestiti ancora per i 4° gradi di stamattina a Verona con pioggia....! bisogna subito cambiarsi, e tutta quella roba pesante (golf, K-way, calze, scarpe, calzoni lunghi, ecc.) che ci ingombrerà le valigie non la toccheremo mai per tutti i 22 giorni e notti successive...

Durante il percorso in auto verso la città la prima cosa che René ci indica è un quartiere che era tutto di ville dei ricchi di prima della rivoluzione, che erano asseragliati entro un quartiere recinto e protetto dalle guardie. Camilo Cienfuegos lo trasformò in un'area di istituti scolastici di ogni grado. 

Ci incontriamo con Lizzy la sua compagna che è una cubana nera e solare, sempre sorridente.

 

La prima casa che ci mostra ha un bel giardino, ma la stanza che al momento ha a disposizione per noi tre è stretta, un po' squallida, tetra, con poca luce e una piccola finestrella soffocante. Non ci va, quindi andiamo un po' più avanti, nella stessa strada del Vedado, un bel quartiere di villette anni venti-trenta. A calle 17 nella cuadra entre 18 y 20, c'è la casa di AnaMaria *. Combiniamo per una tripla al piano terra, anche qui c'è un giardino. La signora è una ortodonzista in pensione, gentile e accogliente (poi sempre scopriremo che le apparentemente modeste persone che fanno le affittacamere, sono persone con un buon titolo di studio e spesso delle  professioniste). 

 

La stanza è ampia e luminosa, da sul giardino, fuori dalla nostra finestra si trova un bel banano, il che fa tropicale



e ci stanno comodamente un gran lettone matrimoniale e uno singolo, con bagno privato, e ingresso separato dall'altra stanza a due letti. La signora presto passa al tu (cosa che avverrà sempre) e così ci fa sentire subito più a nostro agio. Al piano di sopra c'è sua sorella (la scritta sul campanello dice: "altos Baby", che è il suo soprannome). Viene giù la figlia (o nipote) a salutarci, e ci pare di essere già in famiglia. C'è uno che sta pulendo il giardinetto, la palma davanti alla nostra finestra ha il suo fiore e già un bel casco verde di frutti. Di notte c'è un pensionato che fa da guardiano della casa. Scambiamo due parole.

Disfiamo le valigie e a questo punto andiamo a cenare con Lizzy alcune cuadras (isolati) più in là alla sede della Union française, una bellissima palazzina liberty, e mangiamo all'aperto per respirare l'aria estiva di mare dell' Avana. Poi ci raggiunge René con una coppia di sardi anche loro appena arrivati. Chiacchieriamo con Lizzy che ci fa vedere le foto delle sue figlie di 16 e di 13 anni avute dal primo matrimonio. Io prendo un piatto tipico di comida guajira (mangiare campagnolo) con un arroz congrì che si chiama anche alla spagnola moros y cristianos perché è misto di riso "bianco" un po' integrale e di fagioli neri, ma essendo cotti assieme il riso prende un colorito marroncino da mulatto... è proprio un simbolo della popolazione mista cubana, che è in grande parte mulatta. E poi un pollo alla plancha (alla piastra), guarnito con platanos machos fritos (banani fritti), etamales (rotoli di pasta di mais ripieni). Buono!

 il ristorante della Union Francesa

Quindi a nanna. Dormiamo con le finestre aperte. I rumori della strada nonostante lo scarsissimo traffico urbano, sono per noi insoliti e ci svegliamo spesso (o è effetto della differenza di orario).

 

Martes 10 de Avril

Mi sveglio presto e vado a sedermi nel cortile di ingresso dietro al cancello che da sulla strada e sto lì a guardare i passanti. E' una "attività" che mi è sempre piaciuta molto. E poi è una modalità per prendere dei contatti, e socializzare. Vedo passare scolaretti in divisa rossa (elementari), studenti e studentesse in divisa marroncina chiara (medie). Mamme che portano i loro passeggini col bimbo, signore che escono a fare la spesa. Varie 126, 124, 128 Fiat, passano anche tre moto con sidecar. Altre vecchie auto, russe o di altre marche strane. 

L'aria è fresca e bella, non inquinata (a parte singoli veicoli che sbuffano scappamenti di nafta con pestilenziali nuvolette di fumo nere).

Villette, tanto verde. Bei ragazzoni neri robusti, belle ragazze. Bus e bussini, pullman e pullmini. Tricicli, motorini, bici.

Sono tutti in sandali e con gli shorts, e magliette o canottiere.

Ana Maria appena mi vede che sto lì al cancello mi mette un sillon afuera (una sedia comoda, con braccioli, per l'esterno), quindi non disapprova, anzi mi mette più comodo. 

Intanto vedo che qualcuno che passa le chiede di guardare i denti del figlio, e così mi dice che tiene il mercoledì per appuntamenti in casa. Le persone del quartiere la chiamano Any. 

Vedo che di fronte c'è uno che sta facendo ginnastica sul balcone. Molto avviene all'aperto e quelli delle case tra loro vicine si vedono e si parlano.

Usciamo e andiamo a piedi verso la strada principale che è un pochino più in su, per prendere un mezzo e andare in zone più centrali della città.

bancarelle, mercatino, un negozio, il telefono pubblico

 

Ci rendiamo subito conto che ci sono varie possibilità, e prendiamo al volo  un almendròn(letteralmente un "mandorlone", cioè una di quelle vecchie macchinazze scassatone americane degli anni cinquanta-sassanta ancora in uso) che fa da taxi collettivo, cioé fa sempre lo stesso percorso e alcune fermate fisse, un po' come un

 



autobus, e dunque salgono e scendono in continuazione persone, noi diciamo genericamente che vogliamo scendere nei pressi del Capitolio (come ci aveva consigliato AnaMaria), e si paga dieci pesos in moneta nazionale (ce ne vogliono 25 per fare un dollaro). Il tragitto è abbastanza lungo ma c'è poco traffico, intanto ci godiamo questa vecchia auto e ci guardiamo un po' intorno. Scendiamo e facciamo un primo giro nel parco della fratellanza, che è grande e bello,



incontriamo una coppia a cui chiediamo informazioni, e ci accompagnano verso la casa di Rosalia de Castro che era stata la prima casa dei Castro appena immigrati dalla Galizia. Prima di arrivarci c'è un mercatino, con cose curiose, soprattutto di articoli religiosi relativi alla Santerìa, la spiritualità degli afrocubani sin'ora occultata sotto la venerazione di santi con caratteristiche simili a quelle di certi spiriti africani. Ghila si compera una collanina che le piace, poi scopremo che ha i colori di Elegguà... (scelta dovuta al caso, o segno di una sintonia?). Ci congediamo dai due e lì nel patio della casa c'è come ci avevano detto un locale dove provano i gruppi musicali e le band. Al momento c'era una orchestrina di anziani e di vecchietti, che suonavano benissimo e ci sembrava di essere catapultati direttamente negli anni cinquanta, o nel famoso film sul circolo sociale Buena Vista... Entra una coppia di turisti e vengono coinvolti a ballare nel cortile.

 

Torniamo indietro e intanto che osserviamo i negozietti un po' trascurati, sciupati, d'altri tempi, "fuori moda"...



andiamo a visitare il Museo degli Orishas (Paseo del Prado No. 615 e/ Monte y Dragones), della Associazione Culturale Yoruba, che è uno dei maggiori centri culturali della religione sincretistica afrocubana. Visita che consiglio a tutti coloro che si interessassero alla conoscenza delle religioni cubane e della loro spiritualità.


 Nel piano terra c'è un negozietto di cose relative a questo, poi saliamo al primo piano. E' interessantissimo, e c'è una madrina che fa da cicerone e ci spiega che le cose sono molto cambiate dalla seconda metà degli anni Novanta, da quando c'è stato un riconoscimento di fatto della Santeria come parte importante e caratterizzante della cultura e della identità cubana, e che lei ora è autorizzata come guida ufficiale e stipendiata dallo stato. Quindi ci  illustra le varie caratteristiche e peculiarità di questa forma di religiosità diffusissima e praticata anche da molti cattolici. Dice che il culto degli Orishas essendo una religione di origini africane non ha nulla a che vedere con ebraismo e protestantesimo, ma ha molto in comune con il cattolicesimo perché la chiesa romana esalta il culto dei santi, tanto che per i fedeli uno dei motivi per cui vanno in chiesa è quello della venerazione dei santi e per rivolgere loro delle preghiere, delle suppliche, e proprio questo è un punto in comune con la spiritualità yoruba che ha dato luogo al sincretismo afro-cubano. E ci elenca le similitudini tra certi orishas e certi santi, in particolare San Lazzaro, La Virgen del Cobre, Santa Rita, San Cristoforo, eccetera. E così ci caliamo nel mondo degli orishas, degli spiriti della natura, già sono incantato da Yemayà, la dea delle acque,

 


affascinato e ammaliato da Ochùn, lo spirito della femminilità e della sensualità, travolto dai ritmi e dalle danze del guerriero Changò, l'infuocato, mi sento riverente verso il grande Elegguà che inesorabile apre e chiude le strade della vita, per non dire di Obatalàil padre di tutti gli esseri umani e di tutti gli esseri viventi sulla Terra, eccetera. Le troppe informazioni però ci stordiscono e capiamo che siamo ancora un po' frastornati dalla differenza di orario e che forse dovremmo andare a mangiare (sono per noi quasi le 6 del pomeriggio...).

La signora ci indica un posto economico, ma quando ci arriviamo è strapieno di gente, allora prendiamo un cocotaxi (cioè uno scooter a tre ruote che ha una carrozzeria gialla sagomata come una noce di cocco aperta ai lati) dove stiamo troppo strettissimi in tre, e ci facciamo portare al Prado (un grande viale alberato con il marciapiede per il passeggio al centro) dove abbiamo letto sulla guida che c'è un buon paladàr (trattoria popolare privata di carattere domestico-famigliare) sul terrazzo del primo piano.



In effetti è al primo piano e ha una bella terrazza sul Prado; si chiama da "doña Blanquita"(dalla signora un po' bianchina, usano molto questi termini per definirsi: ad es. mulattino, negretta, bianchiccia, ecc.). Ci sono anche dei turisti brasiliani. Mangiamo abbastanza bene, io prendo del pesce lesso col formaggio fuso sopra. 

Quindi con un triciclo chiamato bicitaxi, ci facciamo portare dentro al casco historico (al centro storico) della Habana Vieja (l'Avana vecchia, il quartiere coloniale) in calle Obispo (la via del Vescovo) dove iniziare a passeggiare e guardarci attorno. Il ciclista si lamenta un po' perché non potrebbe portare tre persone (come pure nella maggioranza dei cocotaxi)



e perché le stradine del quartiere vecchio sono acciottolate e lui fa fatica a pedalare. In definitiva ci fermiamo prima e gli do una mancia ("è doveroso da parte vostra dare un aiutino a chi ne ha bisogno", ci dice, "quasi tutti ti dicono che ti capiscono ma poi non ti danno niente...solo paroloni di solidarietà"). Gli chiedo della sua famiglia e del lavoro e mi racconta di un sacco di suoi problemi per arrivare a fine-mese.

Il grandissimo quartiere coloniale è stupendo, una vera meraviglia per gli occhi. Prevale il Seicento spagnolo.

Entriamo in una interessante libreria di libri usati, dove c'è un grande pappagallo Loreto. Comperiamo qualcosa, ma ci sarebbero molti testi rari che varrebbero la pena.

Ci fermiamo ad un bar all'aperto, e offriamo da bere alla donna della pulizia urbana. Dopo alcuni negozi, c'è un'altra libreria, ma nuova, con molti testi di saggistica, studi interessanti di sociologia, di antropologia, di storia, riviste culturali, anche qui prendiamo qualcosa. Ma poi arriviamo in Plaza de Armas, che è anch'essa bellissima, e lì la piazza è piena di bancarelle di libri, di storia, di musica, di religione, d'arte, e non prendiamo più nulla sovrastati dalla troppa abbondanza.

 

Molti giocano a scacchi sul muretto del giardino. Più in là c'è una biblioteca.

 

 Perlomeno oggi sono pochi i turisti, se non in gruppi, e in certe strade, Poi si arriva alle fortezze coloniali, al tempietto eretto in stile dorico in memoria della fondazione della città, e che porta una grande scritta in ricordo di una rivolta di schiavi neri (ed è dedicato ora alle vittime del colonialismo), con davanti una bella e grande ceiba, una pianta tropicale tipica di qui, che incute molto rispetto essendo ritenuta assai vecchia (in realtà la ceiba piantata quando si costruì il tempietto all'inizio dell'ottocento, è morta ed è stata sostituita già alcune volte, questa è di 52 anni fa soltanto...) per cui si dice che girandovi attorno tre volte si ottiene la realizzazione di un desiderio. D'ora in poi osserverò tutte le grandi ceibe che incontreremo, e saranno molte nell'interno del paese.

Quindi arriviamo sul lungomare dell'imboccatura del porto, che immette nella baia. Siamo un po' stremati, e ci fermiamo a guardare quelli che pescano (molti senza la canna, ma solo col filo), ad osservare i gabbiani, i pellicani, il mare dal colore blu intenso, e la gente che passeggia. Do una monetina a un povero bambino nero, di una famiglia che è qui a pescare (si stanno forse procurando la cena). Ci avvicina molto gentilmente la sorridente e pacata signora Maria Magdalena, una anziana donna della chiesa pentecostale (le varie chiese protestanti sono in notevole aumento negli ultimi anni), che arriva con una moneta (quella da tre cuc con l'effige del Ché) chiedendo se possiamo darle il corrispettivo. Poi ci racconta che sua figlia di 14 anni, è una muchachona, una ragazzona, e fa la curandera perché sa tutto sulle erbe medicinali. Ci racconta un po' la storia della sua vita, e del suo lavoro nell'orto (abita un po' fuori, in campagna), e delle sue vicissitudini.

Intanto incrociamo René che sta passando di qua proprio in questo momento...

Prendiamo un carro privato che fa tutto il giro esterno sul lunghissimo Malecòn, il lungomare della passeggiata sulla costa della città, e ci porta a casa (per soli 6 cuc). Così vediamo i grandi lavori di restauro delle case sul mare, che comportano anche lavori di ristrutturazione e di innovazione delle reti idraulica, elettrica, del gas, dei telefoni... Un lavoro enorme che procede ma lentamente, e che renderà la città alla sua bellezza originaria, lavori che d'altronde abbiamo già notato nel centro storico, una operazione di grande impegno e rilievo.

A casa c'è la domestica, che qui a Cuba chiamano "la signora che mi aiuta", o "l'amica che mi da una mano", che in questa casa è Yunia, o Yuni (e ora è venuta qui a trovarla sua figlia Noemi).

 

Molto simpatica e calorosa. Cominciamo a notare che qui quasi tutti i nomi sono davvero un po' strani e si fatica a ricordarseli.Yuni quando AnaMaria non c'è, fa come se questa fosse casa sua, riceve la gente, sa cosa dire, organizza per i lavori che si stanno facendo ad un grande finestrone laterale, risponde alle continue telefonate, ecc. D'altronde c'è un via vai notevole di persone, di vicini, di parenti, che entrano, escono, parlano dalla strada... la privacy è decisamente minore che da noi.

Questo stare dentro, essere in mezzo, al giro di gente che fa riferimento a una casa, rende l'ambiente di continue relazioni e di fitta comunicazione del barrio (il quartiere del vicinato) come una realtà specifica. Ed è proprio questo ciò per cui ci si guadagna (in termini di conoscenza) a non andare in albergo ma in famiglia. Vedremo anche in seguito (o sapremo da racconti) come certi turisti vengono nelle casas particulares come se venissero in una Pensione, o un B&B, da clienti, utenti e nulla più. Si perdono una grande occasione. Perciò ho preferito alle case o appartamenti indipendenti, le camere in famiglia, per stare dentro il contesto e capire l'ambiente.

Quando ritorna AnaMaria vediamo che tra le due c'è un rapporto molto confidenziale e che Yuni è proprio come una di casa, nel senso della famiglia.

AnaMaria ci fa una eccezionale tortilla con patate e cipolle dolci, poi guarda la tv. Non ci sono pubblicità, reclam, interruzioni, c'è solo quella che da noi si chiama "tv-progresso", cioè annunci di interesse sociale e civile o educativo: che liberazione! senza l'ossessione della continua istigazione a consumare prodotti.... Lo diciamo a AnaMaria ma non sembra coglierne il senso. Ma per farci le tortillas AnaMaria si è persa la puntata della sua Telenovela e se ne lamenta, avremmo dovuto avvisarla prima che saremmo stati a cena...

Osservo che in casa sua non sono presenti segni o simboli religiosi. Mentre in alcune case spesso si intravede un angolino della casa, o una mensola, con qualche altarino agli orishas, e/o a santi.

La gente qui cammina molto, va a piedi o in bici, anche quando sopraggiunge l'oscurità. Le strade sono pochissimo o per nulla illuminate, e praticamente l'illuminazione è più che altro quella che proviene dalle case, ma è sufficiente, e problemi non ce ne sono, la delinquenza è rara e poca, tutti, anche anziani, bambini, donne, belle ragazze camminano anche da soli tranquillamente. 

Le notti passano lente con i latrati dei cani, lo scarso traffico ma rumoroso, per cui quando il passaggio di un camion o di un carretto rompe il silenzio, per quanto sia un fatto isolato ti sveglia, poi ci sono le voci di quelli che si parlano, che nel silenzio si sentono ben bene. Poi c'è lo sciabordio dell'acqua che viene caricata nei serbatoi sopra il tetto delle case... e l'aria si fa freschina a una certa ora ed è meglio tirare le tende.

 

Miercoles 11

Dopo la solita nottata con cani, camion, tricicli, e tutti quelli che la abitano, finalmente al primo albeggiare esplode all'improvviso il cinguettio di una miriade di uccellini e uccelli che si rallegrano della luce e dell'aria fresca. Prendo appunti per il diario della giornata di ieri, e poi facciamo colazione con AnaMaria, che ci da un favoloso succo di frutta appena fatto di guayaba e papaya, e poi latte e caffé, tostadas, miel de abeja, pancitos, ... 

Discutiamo del programma per i prossimi giorni, e delle case in cui poter andare. Annalisa parla al telefono in una conversazione a tre, sia con René che ci da i suoi consigli, che con una signora di Trinidad, e poi sempre a tre con una di Cienfuegos, e così combiniamo.  (non sapevo che si potesse fare una cosa simile, da noi non c'è). Ci accordiamo anche con un taxista per il viaggio di venerdì, ci farà lo stesso prezzo del pullman. E poi Yuni ci chiama un taxi, anche questo privato, per portarci alla Habana Vieja dove vogliamo tornare per vedere le piazze che ieri non abbiamo visto. Ma questo tarda ad arrivare di circa tre quarti d'ora... 

E allora intanto che non si sa che fare, ci sediamo al cancello e guardiamo la gente che passa e che riconoscendoci a volte saluta e si sofferma a scambiare una battuta, due parole di cortesia. Il taxista ci lascia poco dopo la piazza del convento di San Francisco (ma lui non sa nulla di convento o meno). Da lì andiamo subito alla Plaza Vieja, dove restiamo incantati per la sua bellezza, è stata da poco restaurata ed ora è valorizzata molto bene (prima era abbandonata, cadente e un po' malfamata). Di nuovo riflettiamo sul fatto che il casco historico è veramente grande e stupendo, e l'opera di restauro è una impresa titanica che sta cambiando il volto della zona coloniale, rendendole bellezza e dignità culturale. Nell'82 L'Unesco aveva dichiarato la città vecchia patrimonio culturale dell'umanità. Il grande artefice di questa resurrezione è stato Eusebio Leal, dal 1977 nominato Historiador de la Ciudad per le sue conoscenze dell'Avana coloniale. Ha saputo convincere il governo del suo povero paese, "affrontando con coraggio vie mai prima percorse nelle difficili condizioni in cui si è mosso per praticare il "lusso" della conservazione e restauro di un immenso patrimonio artistico in un paese assediato e senza risorse" (A.Riccio, 2011, p.80).

 

Ci incontriamo con Andrés, che fa il capo-magazziniere alla Oficina del Historiador. Persona semplice ma grande conoscitore della religione degli orishas. E' un uomo schietto e estroverso, che ci racconta un sacco di cose e ci accompagna lungo la calle mercaderes (la via dei mercanti). Qui ci imbattiamo in una compagnia di teatranti che procede su alti trespoli con un piccolo corteo al seguito, di attori in costumi molto colorati e vistosi. Avevano iniziato qualche tempo fa facendo danze yoruba (l'etnia originaria di molti schiavi africani), mentre ora si sono forse un po' "turisticizzati", a dire di Andres, ma che comunque danzano e cantano al suono di bei ritmi afrocubani.

 

 

 

 

Entriamo con lui nella Casa de Africa (che è un po' un museo ma anche un istituto di ricerca e di valorizzazione della cultura di matrice africana aperto nell'86). Al pianterreno sono esposti bellissimi grandi oggetti sia di arte contemporanea che di stili tradizionali, che erano stati offerti a Fidel in occasione di visite ufficiali di capi di Stato o di governo, o di ministri africani (in tutto di 26 paesi) come testimonianza del legame tra il continente nero e la cultura afrocubana (anche il legame politico con certi paesi "terzomondisti" fu fortissimo). Poi Fidel volle aiutare la costituzione della Casa de Africa regalando questa sua collezione. Pezzi veramente bellissimi e interessanti (oltre che rari e di grande valore). Andres ci dice che in generale "Fidel è una persona molto generosa". Poi ci porta al primo piano dove c'è un museino etnografico delle religioni afrocubane, e ci mostra le differenze tra la componente yoruba, e quella conga, come pure tra la spiritualità degli orishas (vicina per certi versi al Candomblé del Nord-Est brasiliano) e la regola di Palo Monte (più vicina caso mai al Vudù haitiano), che è però qualcosa di unico e originale tipicamente cubano. Al piano di sopra ci sono ancora altri stupende opere d'arte donate da Zambia, Benin, Sudafrica, Nigeria, ecc., tra cui delle grandi cassepanche istoriate in legno pregiato, e altri bassorilievi di alto livello estetico e artistico (in tutto a CdA sono più di duemila pezzi). 

Attualmente questa rivalutazione della conoscenza delle origini, si sta molto sviluppando e diffondendo. E' in corso anche la strutturazione di un percorso culturale detto la Ruta del Esclavo, che attraverserà tutta Cuba con centri culturali e educativi, e musei storici. 

Cerco il direttore, ma è fuori Avana per impegni di lavoro. Usciamo e in strada si sente una voce femminile di una donna che sta cantando una melodia africana con vocalizzi molto suggestivi. 

Ci sediamo nella piazzetta Simon Bolivar (dove c'è la replica della statua del Libertador delle Americhe a Bogotà, di Pietro Tenerani) a prendere un pasto ai tavolini di un bar sotto un alberone affascinante con il suo grande ombrello di rami che ci fa una bella ombretta riposante.

L'incontro con Andres mi è stato consigliato da una pittrice piemontese, MariaGiulia Alemanno, che ha dipinto immagini dei vari orishas con risultati sorprendenti di grande bellezza e garbo. 

Per il pranzo io prendo ropa vieja (=vestito vecchio), che è uno stufato di carne stracotta, ricoperta di abbondante salsa di pomodori e peperoni dolci, con dei pezzetti di tostadas, molto popolare a Cuba. In pratica si tratta di filettini, come di stracciatelle di carne, con un buon sugo. Con contorno di banane fritte. E da bere assaggio la malta, cioè una bibita al malto, che è venduta in lattine.

C'è seduta ad una panchina una coppia anziana con chitarra e percussione di legnetti, sono molto bravi e lei ha una bella voce gradevole. Intanto Andres ci racconta della sua grandissima famiglia e della sua lunga permanenza in Spagna, e alle Canarie, ad insegnare arti marziali orientali in spiaggia per guadagnare dei soldi. Ma poco dopo racconta dei suoi 6 anni di guerra in Angola come luogotenente alla sussistenza (che pagina strana e paradossale che fu la storia di quell'intervento ... !) durante gli scontri dei cubani con i mercenari bianchi sudafricani negli anni fine settanta/inizio ottanta. Ci parla di Fidel come di un mito vivente, lo descrive come un personaggio da leggenda, buono e comprensivo. Ci racconta che aiutò molta gente in situazioni di bisogno (figli di combattenti per l'indipendenza, non solo angolani, anche sahraui, etiopi, congolesi, ma ovviamente anche di cubani ). E di come fu, secondo lui, Fidel a garantire libertà di fede ai credenti, "non solo essendo lui stesso stato uno studente in un istituto cattolico, ma in particolare dopo il trauma della morte per torture dell'amico e compagno Abel Santamaria (ma anche perché certi suoi ministri, erano e rimasero di fondo cattolici, benché non lo proclamassero pubblicamente, e lo era anche 
sua madre e la sorella)". Mentre Andres non è simpatizzante di Raùl perché dice che è comunque un uomo rigido e intransigente sul piano ideologico, 
nonostante le indispensabili aperture al mercato privato da lui attuate in questi ultimi anni per pragmatismo politico

 

Poi riprendiamo a gironzolare e ammiriamo la piazzetta a lato, e soprattutto il palazzo dove vi fu lo studio di  Guayasamìn il grande "pittore della America profonda", ecuadoriano, figlio di una povera famiglia di indios, caro amico di Fidel. Poi il palazzo di Benito Juarez, "benemerito delle Americhe", che è ora sede della società della cultura messicana. E altri bei palazzi antichi ...

Ed ecco che già si mescolano e intrecciano la grande storia e le storie personali, cultura e politica, e arte....

Rientriamo a casa e scambiamo due parole con AnnaMaria, che mostra di avere non poche conoscenze in campo sociale. 


 

Andrès arriva alle 6 con un amico (il suo padrino nella Santerìa) e la sua vecchia macchinona Plymouth scassata ma funzionante. Ma come fanno questi maghi meccanici cubani...? ci sono artigiani tornitori che sanno riprodurre perfettamente i vari pezzi di ricambio, si consideri che circolano auto, camion e pullmann di ogni marca del mondo e di ogni periodo, da quelle nordamericane, a quelle russe -tipo la Moskvich, la Lada-, a quelle inglesi, o della Germania Est, a vecchie auto francesi, vecchie Fiat polacche tipo la 126, ma anche marche cinesi ....

Ci portano a quel luogo magico che è el bosque sulle rive del rio Almendàres. E' un parco naturale, o come dicono una "isola di paesaggio protetto", in cui tutto è lasciato così come sta, selvaggio, un pezzo di wilderness, un pedazo de naturaleza. Il fiume scorre abbastanza veloce, ci sono dei grandi alberoni secolari, imponenti, molti sono totalmente ricoperti dai rampicanti, molti hanno grosse liane che pendono, sono maestosi. Si cammina in piccoli sentierini di terra.

 

La gente viene qui a riposare, a studiare, a rifugiarsi col proprio innamorato/a. Un'oasi di pace e silenzio.

 

Ma il luogo è rinomato come luogo sacro per la cultura afrocubana. Vengono con unamadrina, con un santero, con un babalawo, e compiono riti di purificazione (limpieza, o la limpia), portano offerte alle acque, fanno preghiere, richieste. Altri invece compiono cerimonie di gruppo, con sacrifici di animali (un tipo di piccolo gallinaceo è l'animale espiatorio più utilizzato). In effetti dopo poco compare una madre con il suo figlio adulto e lei gli passa delle frasche lungo tutto il corpo, poi offre delle fette di torta, e recitano delle litanie. Poi sopraggiungono un gruppetto di giovani adulti che si mettono un po' più in là e li sentiamo salmodiare in lingua yoruba. 

La natura è splendida, e rigogliosa, lussureggiante, soprattutto -ci dice Andrès- verso il primo mattino, ma anche ora verso il tramonto, quando la luce è radente e crea bellissimi effetti, e l'aria è un po' più fresca che non al mezzodì, e si alza una bella brezza.

Si gira per sentierini, e purtroppo è tutto "sporco" in terra, con residui di offerte alimentari, e dato che gli animali sacrificati sono serviti per ripulire i corpi dei fedeli dal male o da energie negative, o da problemi irrisolti, poi vengono lasciati i loro resti per terra sparsi. Nessuno li può, né vuole, più toccarli. Per cui oltre a vari uccelli, ci sono numerose tiñosas (un tipo di avvoltoio caraibico) che volteggiano con la loro imponente apertura alare. Ed è anche questo un grande spettacolo naturale che affascina. 

Andrès ci spiega tante cose sulle varie cerimonie, le litanie, sui differenti tipi di tamburi utilizzati, le varie erbe, le offerte, eccetera.

Una esperienza surreale.

Dopo, al ritorno, attraversiamo il piccolo ponte di ferro da cui si possono vedere le barche attraccate e i pescherecci; ci fermiamo a guardare il bel panorama del rio che sfocia nell'oceano, cioè dello spirito delle acque dolci che si fonde con la grande acqua profonda, ovvero della congiunzione tra Ochùn e Yemayà.

 

Quindi andiamo alla foce, dalla parte del quartiere Miramar, e stiamo un po' lì sulla riva a riempirci gli occhi gurdando dall'altra parte l'inizio del Malecòn, gli hotel Riviera, Melià, e più distanti il Nazionale e l'Habana Libre, e le barche, e l'orizzonte. Ci prendiamo un po' di tempo in silenzio, e stiamo a prendere il vento pieno di ossigeno... puro, senza inquinamenti. 

Un pensierino va ai poveri balseros, ai barconi, o ai gommoni che qui ogni tanto di notte con la luna nera si azzardano ad attraversare le 90 miglia che separano l'isola dai Cayos(ovvero le Keys) della Florida... con il miraggio delle grandi opportunità (tipo i "nostri" scafisti prima albanesi e ora tunisini).

Ma ora, scesa l'oscurità, alziamo la testa e ... che cielo, che cielo! il cielo stellato tropicale con l'aria pulita, in cui ci sono quei faretti luminescenti che brillano ...

Alla sera a casa di AnaMaria, dopo una chiacchierata con René e Lizzy e i nuovi ospiti della casa, andiamo a piedi nel buio tiepido fino al paladar "El Faralliòn". Ristorante  privato, messo in modo elegante (ovvero per noi normale), dove prendo una crema besciamella con pomodoro, e delle scaloppine al limone. Fuori di fianco alla porta c'è anche un punto vendita di piatti da asporto (soprattutto pizze).

Ci sono paladares privati che costano di più di certi ristoranti del dipartimento del Turismo, o di Agenzie turistiche statali, altri invece di meno, altri molto economici ma poco affidabili sul piano dell'igiene. E' come per le case particulares, quelle che non hanno la garanzia del simbolo di "Arrendador inscripto" non sono molto affidabili.

Mi piace molto camminare la sera per le strade poco illuminate e silenziose, con il cielo stellato ben visibile, calme, rilassate. Sul percorso c'erano anche certi che avevano messo un tavolo in mezzo alla strada e giocavano a domino (passione nazionale).

Jueves 12

Colazione con frutta fresca buonissima, yogurt, tostaditas, miel, eccetera. Stamane c'è l'apagòn (cioè manca l'elettricità), a causa di lavori in corso. Per il taxi, su consiglio di Yuni, chiamiamo uno che sta in una casa qui vicino. Telefona lei, ma il tipo sta riposando, sta ancora dormendo, ma dice di dargli qualche minuto che arriva... speriamo che non diventino i tre quarti d'ora di quello di ieri... lo confermiamo.

Intanto chiacchieriamo un po' con i nuovi ospiti, ma soprattutto con AnaMaria e con Yuni, e ci sediamo in cortile vicino al cancello come nei gg scorsi. Qualcuno ci riconosce e ci saluta, una povera anziana signora si ferma a parlare a Ghila e le racconta che lei lavorava al Teatro Mella, e che ora è in pensione e vorrebbe stirare per arrotondare un po'. Annalisa le regala una sua gonna ormai fuori misura, ed è molto contenta. Quando lo viene a sapere Yuni resta esterefatta, allora Annalisa le da un'altra gonna che aveva portato, ed è molto molto soddisfatta. In questi giorni abbiamo dato vari regalini a persone che ci parevano bisognose, e a bambini, e tutti hanno sempre accettato volentieri; mentre non ci piace dare dei soldi (a volte diamo, ma solo a degli adulti o vecchi, un biglietto da dieci o da venti in pesos moneda nacional, perché a certe persone neanche interessa andare nei negozi in cuc convertibili...). C'è un continuo via vai dato che stanno rifacendo il finestrone scorrevole nel locale a fianco della sala da pranzo, e gli operai sono oramai di casa anche loro.

Intanto scende la sorella di AM che sta al piano di sopra e scambiamo due parole (Baby sta per Barbara).  Poi passa di lì in bicicletta il fratello di AM, che è un medico in pensione, per portare un pacchetto. Si ferma a parlare, e dice che pochi mesi fa è morto il suo padrino all'età di 97 anni (a Cuba l'aspettativa media di vita è di circa ottant'anni, ed è la più alta di tutta l'America Latina nel suo complesso). Mi racconta che era un filologo, ed è stato anche il viceRettore dell'università, ed era un periodista (cioè pubblicava anche su giornali e riviste), un uomo di vastissima cultura. Visto che mi vede interessato, mi dice di andarlo a trovare a casa sua che è qui vicino, mi farà vedere la biblioteca del padrino, ci sono migliaia di libri di storia, arte, sociologia, politica, religione... e ora bisognerà disfarsene, quindi se qualcuno fosse interessato a comprare qualcosa è benvenuto. Poi, siccome con occhio clinico mi aveva già inquadrato, mi da consigli per la salute e mi dice di fare movimento e esercizi fisici. Il suo padrino li faceva regolarmente, seguendo la ginnastica di un fisioterapista tedesco dei primi del Novecento.

Poi passa qualcun'altro e entra per parlare, ma intanto passa il nostro taxista dicendo che sta andando a prendere la macchina al garage, saluta e dice che torna subito. 

Mi piace stare in mezzo a questa atmosfera casalinga e di quartiere in cui tutti si conoscono, e entrano ed escono dalle varie case. Intanto AM dice che lei se ne va a letto a riposare.

Arriva con il suo carro Abel con cui chiacchieriamo, e andiamo alla bella Plaza de la Catedral, dove fa un caldo quasi insopportabile, e il sole scalda la pavimentazione di pietra e i muri. Ci sono dei bei negozi di oggettistica, prodotti artigianali, fatti con gusto e con creatività. Ma come dicevo la piazza è una fornace con il sole che si riflette sulle pietre dei palazzi... quindi seguiamo un percorso in base all'ombra. Un ragazzo che è lì in strada per fare pubblicità alla propria cucina casalinga, mi dice che si chiama Carlos e quando gli dico che anch'io mi chiamo così, mi spiega che quelli che sono omonimi, che portano il medesimo nome, si dicono tocayo.

Lì vicino diamo una rapida occhiatina alla famosa Bodeguita del Medio, dove andava Hemingway a bere, è carina, c'è un piccolo gruppetto che suona, e arrivano in continuazione turisti curiosi, quindi ce ne andiamo subito, anche perché ha prezzi molto cari.

 

Chiedo di fare la foto ad una bimba negretta molto carina, con la sua mamma, e le regalo un giochino.

 

Ritorniamo alla Casa de Africa dove finalmente mi dicono che il direttore c'è e vanno a sentire se può ricevermi perché è molto impegnato, tra una riunione fra poco e mille telefonate che arrivano in continuazione. Ma gentilmente fa dire di sì, di attenderlo al piano terra che appena può scende. Dopo un bel po' Alberto Granado junior (che è il figlio del compagno di motocicletta del Ché) arriva e gentilmente ci fa accomodare in un ufficio lì sotto. Conversiamo, è interessante e fa chiarezza su alcuni punti interrogativi che gli pongo a proposito della santeria come parte della cultura afrocubana. Ci dice subito che non vuole che si registri, e alla fine di una buona mezz'ora di conversazione facciamo la foto ricordo (che al ritorno manderò a MG Alemanno).

Poi andiamo di nuovo a mangiare nel bar di plazuela Bolìvar, quindi giriamo un pochino e infine  troviamo un carro particular che ci riporta a casa (il sole stanca).

Arrivati troviamo che ci sono René e Lizzy con cui parliamo delle prossime case e poi combiniamo di andare con l'autista loro amico Mandi (che sarebbe il diminutivo di Armando) a vedere i quartieri più moderni al di là del rio Almendàres.

Arriva dopo poco con una bellissima e fiammante Ford del 1956 di cui è molto orgoglioso.

 

con René e Lizzy

 

Ci fa vedere un bel parco dove ci sono degli alberoni enormi (tipo il ficus banyano) che sono tra i più vecchi di Cuba.

 

Vediamo la zona delle ambasciate, e delle ville degli ambasciatori, e dei ricchi che sono rimasti anche dopo la rivoluzione, e dei nuovi arrichitisi con il commercio particular di questi ultimi anni di doppia moneta. Poi i grandi hotel modernissimi delle maggiori catene spagnole tipo Melià, o Barcelò, o francesi. Andiamo oltre, vediamo il famoso "Club Havana", di lusso, e poi scendiamo alla "Marina Hemingway",

il paladar della Marina H.

 

cioè al porticciolo degli yacht intitolato allo scrittore americano, dato che qui ogni tanto veniva ad attraccare nell'insenatura, vicino al Club. Come è noto Hemingway veniva spesso a Cuba negli anni Venti quando si fece una villa nell'ultima delle keys della Florida, Key West. Poi nel 1940 si trasferì qui con la terza moglie Mary, e vi restò praticamente tutta la vita, tanto che Cuba rappresenta lo sfondo di vari suoi racconti (come il celeberrimo "Il vecchio e il mare"), era conosciuto come Ernesto e fu sostenitore e poi amico di Fidel (che si era portato "Per chi suona la campana" da leggere mentre era sulla Sierra Maestra a fare la guerriglia). Aveva il suo yacht a Cojìmar  un villaggio di pescatori a est della città, ma spesso scendeva in centro dalla sua villa, la famosa Finca Vigia a sud-ovest dell'Avana (che ora è un museo con la sua biblioteca di novemila volumi), per andare al bar "Floridita" (vicino all'albergo Ambos Mundos dove tenne una stanza dal 1932 al '39) a bere un daiquiri (dove ora c'è una sua statua al suo tavolo), o alla piccola bottega "del Medio", e alla fine regalò il premio Nobel al popolo cubano. Tornato negli usa alla fine del 1960 poco dopo si suicidò.

la famosa foto in cui EH si complimenta con FC per aver vinto in una gara di pesca

da theroadgoeseveron.tumblr.com

 

Ci sono vari yacht, molti grandi motoscafi per la pesca d'altura, e battelli simili. C'è anche un paladar di lusso, cui si può accedere anche in barca dal moletto privato. Ci sono attorno grandi viali alberati, e tutto è pulito e in ordine. Ci sono anche case ad appartamenti in affitto a prezzi internazionali e ville in affitto. Mandi dice che certi con il pretesto di poter aprire una piccola ditta famigliare, hanno messo su delle vere e proprie piccole imprese con cui ora fanno un sacco di soldi....

Al ritorno vediamo (ma solo da fuori) il cimitero monumentale intitolato a Colòn (cioè a Colombo), dove riposano vari personaggi, immenso.

A casa poi ripenseremo a tante contraddizioni e paradossi della situazione cubana.

Vado a prendere delle pizze da asporto e mi accompagna il sobrino (nipotino) di 12 anni per le strade buie, molto compreso nel suo ruolo di guida del cliente straniero.

Ci sono sempre quelli col tavolino in strada che giocano a domino sotto un fioco lampione dalla timida luce gialla. A casa le mangiamo con AnaMaria, e poi guardiamo un pochino la televisione con lei, commentando. Infine stanchissimi a letto.

 

 

Il rientro all'Avana dopo tutto il giro dell'isola

Cuba bella, L'Avana (n.31)

(segue giovedì 26) La Habana

L'appartamento è ampio con una grande terrazza a cui arriva diretta l'aria dal mare che è dopo la prima avenida. Ha tre camere da letto grandi, tre bagni, una bella cucina e una grande sala all'ingresso. Tutto è strapieno di bei mobili d'epoca, di una marea di soprammobili, poi tende, quadri, divani, poltrone, seggioloni a dondolo in terrazza, ecc. Un appartamento borghese ben conservato.

Maira è una aiutante di casa, vive qui vicinissimo, la signora ora è rimasta da sola e lavora per cui è fuori tutto il giorno tutti i giorni (tranne il lunedì). Ci sono molti souvenirs di suoi viaggi.

C'è anche un nipote di Maira, Joan di 23 anni, che ci farà da accompagnatore in auto (la signora non ha la patente), una "Lada" russa degli anni sessanta-settanta. Andiamo con lui, e nel traffico noto che ci sono targhe differenti: rosse, bordeaux, gialle, azzurre, bianche, arancioni, marroni, ecc., con scritte o in nero o in bianco. Joan mi spiega che è un sistema molto complesso e complicato per distinguere dalla targa il proprietario del veicolo, per stabilire se in certi luoghi può o meno avere accesso. Per cui serve a sapere se è un veicolo commerciale, di servizio, di ditte, di ministeri, di dirigenti, di privati, o un taxi, o in affitto a turisti (in questo caso inizia per T), eccetera.

Naturalmente lui non è abilitato a fare l'autista, ma accompagna la signora che ora lo ha messo a nostra disposizione (a modico pagamento).

Dunque ci facciamo portare come prima cosa a Plaza de la revoluciòn che l'altra volta all'Avana non avevamo visto. Grandiosa, creata per celebrare il padre dell'indipendenza José Martì, e i padri ora scomparsi della rivoluzione Guevara e Cienfuegos. Immensa, ha una avenida di accesso di otto corsie, chiaramente concepita in linea con le grandi piazze sovietiche, per ospitare gli eventi di massa (come quella che ci sarà martedì 1°maggio). C'è oltre alla sagoma in ferro del volto del Ché, e anche quella del volto di Camilo Cienfuegos, e mi viene in mente la famosa canzone:

Te canto, porque estás vivo, Camilo

Y no porque te hayas muerto

Vivo estará en la pelea

Tu brazo de guerrillero

Si por el patrio sendero

Asoma una mala idea

Y despúes noble y tranquilo

Como en el momento aquél

Oirás de nuevo a Fidel

Preguntar ¿voy bien, Camilo?

il monumento-torre a Martì, del '96

 

Poi ci porta a casa di René per salutarlo. E' una vecchia palazzina liberty del 1924, al Vedado, carina, ma in deterioramento, come moltissime belle case all'Avana. Ci offre un thé verde portato da sua sorella dalla Cina, ci presenta a sua mamma, e al nipote. Ci sono pure un cagnetto bassotto, e un bel gatto.

Poi joan ci porta in un bello spiazzo tra l'hotel "Riviera" e il "Melià Cohiba", dove c'è un centro commerciale moderno di vetri azzurrati (ma già un po' trascurato e delabré), in cui all'ultimo piano c'è il famoso (perché me lo aveva raccomandato Patty) Jazz Café. Ben decorato da state in bronzo di jazzisti, con una bella vista sul Malecòn e il mare.

il centro commerciale

 

Ma io non resisto a lungo all'aria condizionata e vado a respirare sul Malecòn, per vedere il mare, il passeggio, la gente che fa footing, quelli che pescano, i gruppetti di ragazzi seduti sul muretto a cantare e suonare. Poi c'è un bellissimo tramonto proprio lì di fronte.

Mi è piaciuto questo ambiene popolare del lungomare e del muretto, Joan dice che è una istituzione habanera quella di venire a passare la sera sul Malecòn.

Alle undici dovrebbe iniziare lo spettacolo jazz ma decidiamo che non ce la facciamo ad aspettare, e andiamo a casa. Dove ci riceve Lucy che dice di essere anche lei zia di Joan, e che è la sorella di Maira, anche se su questo abbiamo dei dubbi, essendo l'una bianca e l'altra nera ... E' molto gentile e ci dice che anche lei aiuta la signora.

Maira, Annalisa e Lucy

Dopo poco torna la signora stanchissima. E a seguire entra un signore sui 60 che probabilmente è un amico di casa, anche lui gentile e affabile. Poi telefono dal fisso a quella amica insegnante di danza che mi aveva segnalato Patty e combiniamo per incontrarci. Noi siamo stanchi e andiamo a dormire, mentre Ghila e Joan restano a lungo a chiacchierare, a guardare la tv, o al computer.

Dalla finesta della camera da letto (senza vetri) entra una bella aria di mare.

 

 

 

Cuba bella, L'Avana (n.32)

Venerdì 27

Al mattino dalla terrazza vedo giù uno che fruga meticolosamente nel cassonetto della spazzatura. Maira arriva tutta vestita bene e truccata, e ci accoglie con il suo tipico fare, gentile e aggraziato. Ci chiede subito se restiamo a casa a pranzo o a cena, ma io non so bene cosa rispondere, anche se capisco che debbano programmare per fare la spesa. Facciamo colazione e intanto ci pensiamo. Arriva Lucy che insiste che io telefoni alla insegnante di danza che verrà qui a incontrarci, se si vuole fermare a cena. In effetti lei fa le pulizie e cucina, e quindi deve sapere. Anche Joan ogni tanto viene mandato giù per sbrigare alcune cose, piccole incombenze.

Poi quando usciremo, Joan in auto, sollecitato dalle nostre domande da curiosi, ci dirà che in realtà lui non è sobrino, nipote di sangue, né le due sono davvero sue zie, ma che spesso qui succede così, si creano di fatto dei legami per cui ci si ritiene della stessa "famiglia". Dice che Maira e Lucy sono cresciute assieme da piccole, e con loro giocava giù nel giardino della piazza anche la signora, per cui si consideravano come se fossero delle sorelle di fatto, e hanno continuato così, tanto più che Lucy vive proprio qui al primo piano. E così si aiutano in tutto. Ma sia l'una che l'altra poi ritornano a casa propria. Ma intanto noi pensiamo che nella realtà quotidiana, di fatto loro vivono la giornata in questo bell'appartamento signorile vuoto. Sono qui tutti i giorni per tutto il giorno, e ne usufruiscono, a casa loro dunque ci vanno soltanto per dormire e riunirsi con i famigliari.

Ci facciamo portare alla sede dell' ICAIC, l'Istituto cubano d'arte e industria del cinema, la prima delle tante istituzioni culturali create dal governo rivoluzionario, perché Ghila vuole parlare con qualcuno che se ne intenda della storia della cinematografia. E infatti trova un dirigente, che quando lei entra in un ufficio e si spiega, si interessa alle sue domande e si intrattiene con lei dedicandole parecchio tempo parlandole dell'Istituto e della storia del cinema cubano. L'ingresso dell'Istituto è tappezzato anche sul soffitto di tutti i manifesti dei film cubani più famosi. Arriva poi una troupe che deve fare un breve filmato-documentario sull'Istituto, e dobbiamo uscire.

La aspettiamo lì fuori seduti su un muretto e osserviamo il gran viavai di gente e di traffico della grande calle 23 che è una arteria importante della parte moderna della città. Mi piace sempre stare a guardare il grande spettacolo della gente che è indaffarata e che passa.

Di fianco all'ingresso dell'Istituto c'è un grande salone per le esposizioni e per accogliere gli eventi culturali che organizza. Proprio di fronte attraversando al di là della strada c'è una tienda, un negozio dell'ICAIC che sta dietro al bar "Fresa y chocolate" (dal titolo del più famoso film cubano, di Gutierrez Alea e di Tabio, del 1994) dve si vendono tanti bei manifesti di film, cd e dvd, e riproduzioni, che sono in mostra al banco. Dopo ci ritorneremo con Ghila.

Il cinema a Cuba ha svolto un ruolo molto importante di stimolo, di critica, tramite la satira, la presa in giro, l'ironia, suscitando molti dibattiti che hanno coinvolto l'intera società cubana, e conta opere di pregio ben costruite e ben rappresentate. Dopo i fratelli Lumières la storia della cinematografia cubana è tra quelle di più lunga data nel mondo. Prima di partire mi ero guardato (gratis in streaming) parecchi film, tra cui oltre al già citato Fragole e cioccolato: Habana Blues, Suite Habana, Habana station, Larga distancia, El cuerno de la abundancia, Guantanamera, Lista de espera, Los dioses rotos, Miel para Ochùn, Se permùta, Antes que anochezca, Balseros, Habanece, Aunque estés lejos, e altri. Consiglio vivamente chi sta per partire, se capisce un po' lo spagnolo (alcuni sono anche doppiati o sottotitolati in italiano) di cominciare a farsi una idea della mentalità e del modo di vivere cubano guardandoseli.

Poi andiamo con un taxi particular a vedere un mercatino vicino alla Rampa per comprare dei regalini, ma non troviamo nulla di chè, è tutto molto molto per turisti, artefatto con prezzi alti, non è un "vero" mercatino anche per cubani...

 

Andiamo un po' più in su a pranzare al ristorante "La Roca" che Joan ci ha consigliato, è sulla 21 con M. E' un ristorante di stato, però almeno questa è una garanzia dal punto di vista igienico-sanitario, e il locale è gradevole, c'è pure un pianista. Finalmente mangio un buon secondo di carne di manzo (carne de res). Totale 5 cuc a testa. Ma tutto il servizio è lentissimo e disorganizzato. Comunque è un buon posto, raccomandabile soprattutto per il rapporto qualità/prezzo.

Quindi passeggiamo nei pressi di Coppelia (il famoso luogo dei gelati) perché abbiamo scelto di girare la parte moderna avendo già vista la parte vecchia, ma si mette a piovere forte, allora andiamo con un'auto particular al Museo di Arte Cubana. Tante cose belle e interessanti, ma poco di originale di alto livello. Bello l'edificio del museo, moderno e funzionale. Al piano terra c'è una orchestra sinfonica che sta suonando molto bene, andiamo a vedere (e a sentire). C'è una donna direttrice, e sono solo donne le giovani orchestrali, tutte brave (e belle).

Torniamo a casa perché continua a piovere, e chiacchieriamo con Lucy e Maira, c'è anche sue figlio Alejandro. Arriva pure Joan che ci dice che lui ha fatto una scuola commerciale, per il commercio estero, che non gli piaceva, ha finito ma per ora non sta cercando lavoro.

Alle sei in punto arriva la amica indicatami da Patty, che si chiama Graciela Chao Carbonero e abita in un quartiere un po' più a ovest, Playa. Ha danzato per anni e poi è divenuta insegnante di danza, e ora è appena andata in pensione, ma continua varie collaborazioni professionali, insegnando all' ANDC l'Accademia nazionale di danza. Ci racconta della sua attività e dei suoi 8 viaggi in Italia (anche lei ha il passaporto spagnolo) in occasione di eventi culturali internazionali, è venuta spesso a Rimini al festival della danza. Ci ha portato un suo libretto che ritiene potrebbe interessarmi (anche se le dico che io sono ignorante nel campo) perché tratta anche delle origini culturali della danza afrocubana e dei suoi significati, e ce lo vende. Ha tenuto con quei testi dei laboratori in Italia con altri cubani che abitano da noi, per insegnanti di quella che noi chiamiamo "salsa" ma che a Cuba si chiama propriamente "casino" in spagnolo. Ci consiglia di andare al Teatro Karl Marx che è qui a Miramar, dove in queste sere c'è uno spettacolo sperimentale di danze molto interessante. Il teatro, che abbiamo visto di passaggio, è di recente costruzione e molto bello. Poi torna a casa in autobus.

 

Poi Maira ci racconta che l' ANDC  è vicino al grande Centro Congressi qui a Miramar (modernissimo, che abbiamo ammirato dal finestrino dell'auto, molto grande e bello architettonicamente). Si tratta di vari istituti tutti in laterizi, molto originali che erano un po' decaduti e lasciati andare negli ultimi anni e ora sono stati restaurati e rimessi a posto (forse sono quelli che fece vedere in tv Philippe Daverio poche settimane fa, cfr. costruire.laterizio.it).

Alla sera Maira ci accompagna al vicino ristorante privato "BellaHabana" (calle 6 y 7ma), che ha aperto da poco un suo conoscente, a cui ci presenta. E' carino, messo bene, fa una bella figura, e si mangia benissimo, cose di gusto e delicate e raffinate. Finalmente si cambia menù ... Alla fine viene lui a chiedere come ci siamo trovati, ci tiene a specificare che il suo non è un paladar che serve comida criolla, ma un ristorante gourmet;  e ci racconta che è stato in Italia perché sua figlia ha sposato un italiano e vive a Bari. In totale il conto è di soli 10 cuc a testa ... Poi Maira ci racconterà che lui ha adattato parte della sua casa. Lui era direttore dei magazzini della Universal, una catena di supermarket cubani, e la villa aveva ancora quello che una volta si chiamava il "cuarto de servicio", che non era solo una stanza per la servitù, ma addirittura una porzione della casa, e l'ha unito col magazzino e il garage, e ha realizzato il suo sogno di aprire un buon ristorante.

Poi attraversiamo il parque del nostro piazzale e, sempre su consiglio di Maira, andiamo in un locale sulla riva del rio Almendàres, "El Cabildo" (calle 4 n. 707, e. 7ma y 9na), di un centro culturale privato dove proprio stasera si esibisce la "Opera de la calle", il cui fondatore e direttore è un suo amico. Bravissimi, belle voci (sia delle parti "leggere" che di quelle operistiche che erano frammiste), belle coreografie e scenografie, anche bei costumi. Tutti giovani attori e cantanti proprio bravi, impegnatissimi, molto presi dalla loro parte. Un lavoro davvero originale. Ingresso solo 10 cuc.

Alla fine esce il direttore Ulyses Aquino, che è riuscito con molti sforzi e battaglie a mettere in piedi tutto questo, anche grazie a sovvenzioni di centri culturali privati inglesi e nordamericani. Anche il pubblico poi era uno spettacolo da osservare per l'entusiasmo che suscitavano le scene che rappresentavano il riscatto dei neri dalla schiavitù e il riconoscimento del loro apporto musicale, di ballo, e culturale. C'erano vicino a noi donne impazzite per l'eccitazione che non stavano mai ferme e saltellavano sulle sedie.

Al rientro c'è a casa la signora che si prepara per un convegno cui dovrà andare domani, e c'è la sua parrucchiera che viene in casa alla sera quando lei ha bisogno in casi come questo.

 

 

Cuba bella, L'Avana (n.33)

Ci telefona René per combinare di andare assieme domani. Chiacchieriamo con Lucy (persona molto semplice) e Maira. Chiedo a Lucy di spiegarmi che cosa è la stanzetta chiusa con la luce sempre sempre accesa e una specie di altarino. Ma non è capace di spiegare, e dice che se uno crede in dio, gli chiede che tutto vada bene ai suoi cari e che abbia benevolenza con i famigliari morti. Maira a cui rivolgo la stessa domanda un po' più tardi, si esprime molto bene, con quel suo modo raffinato di porgersi. Mi dice che a Cuba la maggioranza fa riferimento in vari gradi e modi alla spiritualità della Santerìa, o per scaramanzia, o per avere un referente a cui rivolgere i propri moti sentimentali. Molti cattolici sono particolarmente devoti a un certo santo, o santa, e a questo è collegata una sua corrispondente figura orisha, cioè uno spirito della natura. Mentre invece solo una parte della gente è esclusivamente e strettamente di religione yoruba e non è cattolica; e poi ci sono quelli che seguono la regola di Palo Monte o conga, o altro. Poi sono invece in crescita  le varie denominazioni protestanti o chiese che si chiamano genericamente di matrice cristiana, per distinguerle dalla chiesa cattolica. Queste sono rigorosamente distinte dalla Santerìa.

Quindi quasi "tutti" hanno un angolino con un altarino, e ognuno si regola, lo adatta come crede. La signora pulisce i piatti con le offerte (torte, o sigari, ...) a tiene ogni tanto una preghiera purificando le tazze e i bicchieri d'acqua con fiori per mantenere attivo lo spirito corrispondente, e queste cose le può fare, e le deve fare, soltanto lei stessa. Ha dedicato questo sgabuzzino, che una volta era un vestiario, perché tanto i closet (=armadi a muro) sono già molto grandi.

 

 

 

Da dopo la visita di Fidel a papa Wojtila a Roma nel '96 e poi la venuta del papa a Cuba nel '98, la gente ha preso un nuovo atteggiamento verso la propria credenza religiosa, cioè di non occultare più l'appartenenza, e da allora chi vuole ostenta senza problemi croci, o santini, medagliette, o si veste di bianco, o porta collane e collanine, o bracciali riferiti alla spiritualità yoruba.

Oggi siamo andati con Joan a prendere delle pile nuove per la macchina fotografica in un grande centro commerciale moderno che c'è più verso l'esterno della città, e siamo passati davanti al Teatro, e alla "casa verde" che era una ex bellissima ville, oramai diroccata e ora rifatta nuova sui disegni originari; poi più tardi passiamo anche di fianco alla grande non-ambasciata degli Stati Uniti, protetta come se fosse assediata, e di fronte alla cosiddetta piazza anti-imperialista con la statua di J.Martì con un bimbo in braccio e il dito puntato (contro l'ambasciata), che fu vista come un emblema all'epoca del caso del piccolo Elian Gonzalez. Faccio la coda nel negozio per le pile (prima di me c'è uno che vuole comprare un microonde ma non sa quale vuole). Poi ci fermiamo in un hotel per fare la ricarica alla card telefonica nel locale ufficio Etecsa. Costeggiamo l'hotel "Copacabana", che nel '97 fu oggetto di un attentato terroristico anticastrista in cui morì solo un italiano, Fabio di Celmo, un giovane imprenditore di 32 anni che frequentava il bar di quell'albergo. Infine ci fermiamo agli ex magazzini del porto, ora trasformati in un grande centro dell'artigianato, diviso per settori.

Poi attraversiamo il quartiere "Centro Habana", il "peggiore" quartiere dell'Avana, un vero disastro urbano, ambientale e sociale, ora in via di lentissimo ripristino igienico e infrastrutturale, opera infinita e ambiziosissima. Che squallore! e che pena...

"recinto" per giocare a calcio

Io vado a fare un giro a piedi, poi ci diamo appuntamento davanti al convento di Santa Clara, e loro due prendono un triciclo, ovvero un bicitaxi, ma anche qui come altre volte già ci è capitato,  molti non conoscono i nomi di chiese, conventi o località legate a una denominazione religiosa. Ma poi ci incontriamo, e troviamo che il convento è in corso di restauro, per cui decidiamo di tornare in Plaza Vieja per pranzare.

Mangiamo in un bel bar-trattoria ("Factoria") con musica, degli ottimi spiedini di gamberetti, appesi in verticale.

 

 

 Poi mentre loro si riposano dal caldo, io vado a fare un altro giro per calles degradate e in disfacimento materiale (alcune invece in risanamento e rifacimento =calcinacci e rumori per lavori in corso), con i loro miseri negozietti fatiscenti.

Certo che mi viene da pensare che si vive meglio a Viñales o a Trinidad. Subito fuori dal confine del quartiere, c'è un negozio di generi alimentari biologici e chiacchiero col titolare che sta sulla porta. Poi entro in una scuola speciale per ragazzi difficili, disadattati socialmente. La scuola è chiusa a quest'ora di sabato, ma ci sono seduti sui gradini di ingresso dei bidelli che mi spiegano che è un istituto per ragazzi con problematiche comportamentali e psicologiche a causa di contesti famigliari con situazioni gravi, come genitori alcolizzati, violenti, o indifferenti, ecc. La scuola è bella, moderna, funzionale, e dalle etichette sugli uffici vedo che ci sono vari esperti e consulenti. E' sovvenzionata per spirito internazionalista e per gratitudine dal Vietnam (con tanto di foto di Ho Chi-Minh). Prima della rivoluzione questa era la mansion (la grande dimora signorile) di una famiglia ricca e potente. Alla fine il tipo mi chiede un contributo perché loro si sono radunati qui per festeggiare il compleanno di un collega, che viene a salutarmi, e vorrebbero farsi un brindisi. Do una banconota da 20 pesos nazionali con cui mi dice che si prenderanno una bottiglia di rhum. Auguri! Ritorno nei vicoli.

Girando per queste strade do dei soldi a un povero vecchio; a dei bambini mutilati; a un tizio malmesso con le stampelle  che mi dice "è tuo dovere aiutarmi, devi darmi qualcosa"; e dei regalini, o delle matite, a dei bambini poveri.

Rientriamo a casa perché sta proprio per piovere e non vorremmo inzupparci come ieri (ma invece oltre a un po' di goccioloni sparsi, poi non pioverà).

L'ascensore è in riparazione, e allora chiamano il meccanico che ci sta lavorando e questo ci accompagna su appena possibile. Intanto ci intratteniamo con altre persone e vien fuori che sanno tutto dei nostri movimenti di questi giorni, sono altri inquilini del palazzo, perché i primi due piani sono divisi in quattro appartamentini l'uno (mentre l'appartamento dove stiamo noi occupa l'intero terzo piano).

Ci accolgono al solito Maira e Lucy (e la cagnetta). Maira ci racconta che lei ha una sorella che sta a Miami e allora ci racconta di episodi pazzeschi di gente che per emigrare negli usa nella speranza di una vita migliore ha perso la vita in mare, e magari l'ha fatta perdere ai bambini che si erano portati con sè (poveretti! che assurdità... le dico che da noi succede la stessa cosa, anni fa erano gli albanesi che traversavano il mare con mezzi inadeguati, e negli ultimi anni sono tunisini e libici, cosa che non sapeva).

Ora qui c'è solo lei, suo marito e il loro cane dalmata. Anche molti altri nelle nostre precedenti fermate hanno raccontato di qualche parente emigrato in vari paesi, e di certi che sono entrati illegalmente negli stati uniti, e chissà come faranno ad uscirne (mi torna in mente il film "Balseros").

Ceniamo quel che ha cucinato Maira dietro nostra richiesta: ropa vieja, un caldo de verduras, viandas hervidas, tomates pelados, arroz blanco, platanos machos fritos, e non ricordo che altro...

Intanto ci dice che ora da almeno quattro anni a questa parte tutti possono andare ovunque in Cuba (mentre soprattutto una decina di anni fa alcune zone erano riservate solo ai clienti stranieri degli hotel), ma poi in realtà possono andare nelle famose località turistiche solo quelli che hanno i soldi per farlo, o che abitano lì vicino. E che dagli usa i cubani possono venire a Cuba  senza più restrizioni.